Un torneo per Antonio De Falchi

Antonio De FalchiMamma Esperia sta nella sua cameretta, una delle due figlie viene al telefono per capire meglio. «Mamma da quel giorno sta lì con lui». Anna ha la voce minutissima e gentile, parla un po’ del fratello, di Antonio. Antonio. Antonio De Falchi. "Morire a 18 anni…". Da quel giorno ne sono passati altri 18. Oggi c’è Milan-Roma come quel giorno. Era il 4 giugno del 1989 un’estate che sembrava già cominciata: al Palaeur suonavano i Cure, Robert Smith cantava Just like Heaven, la Roma stava per salutare i suoi Anni 80 in trasferta a San Siro. Quella notte era morto vecchissimo l’ayatollah Khomeyni; a Piazza Tienanmen era comparso il primo carrarmato e un ragazzo di 18 anni gli si era messo davanti per far scattare la miglior foto possibile alla storia.
Antonio invece l’hanno ucciso fuori San Siro, davanti a un cancello dove poi non hanno fatto deporre nemmeno i fiori: s’era allontanato un momento dal gruppo dei romanisti in trasferta (per lo più persone innamorate di una passione, di una vita) e gli avevano chiesto una sigaretta. Aveva risposto male: dialetto romano. Abomini simili lo hanno ucciso. L’hanno preso a calci con tutta la debolezza dell’ignoranza, l’assurda banalità del male. I referti, le cose tecniche che danno fastidio già solo a esserci in queste vicende, hanno parlato di morte per infarto, mentre Antonio, Antonio De Falchi, veniva colpito a terra. Per questo nessuno è stato punito. Qualche sdegno di prammatica, qualche lacrima vera (c’era tanta Roma a Torre Maura il 7 giugno per i funerali, nella chiesa di San Giovanni Leonardi c’era il presidente Viola che s’era preso sottobraccio mamma Esperia, e aveva lo sguardo a terra. E i tifosi, tanta gente, almeno diecimila, gli amici di Antonio, con le sciarpe della Roma. C’erano Peruzzi, Giannini e Nela che parlava con la famiglia. Un fratello ad Antonio gli aveva detto: "Non andare". Sulla bara una bandiera della Roma. Tanta commozione in tutti. E l’infinito dolore di una mamma).
Pagine per qualche giorno, prima di finire nei trafiletti della cronaca anche quando poi hanno lasciato impuniti gli imbecilli assassini. Anche questa è storia. Anzi, soprattutto questa: non è che a una mamma possa interessare altro da un figlio, il dolore in quella cameretta ha tanto più spazio di 10-100-1000 piazze Tienanmen. «Mamma sta lì, è rimasta a quel giorno. Sta sempre con Antonio». Come potrebbe essere diversamente? Si capisce senza capirlo, si immagina senza provarlo e ci si può anche facilmente vergognare. Ci vogliono serietà e rispetto. Delicatezza decisa. Ci stanno i fiori apposta e apposta bisogna fare qualcosa per quel pochissimo-tantissimo che si può fare. I ricordi, la dignità della memoria. Non si può parlare molto della morte di un ragazzo di 18 anni, perché non sarebbe mai abbastanza. Mamma Esperia appena lo nomini si commuove, ad Anna piacerebbe un ricordo e oggi c’è Milan-Roma: addirittura è l’attualità a pretendere di parlare di Antonio, Antonio De Falchi. Ad Anna piacerebbe «chennesò un torneo intitolato a lui». TORNEO ANTONIO DE FALCHI. Bello, no? Un modo migliore per non dimenticare, rispettare più profondamente una vita tolta senza rispetto. Un torneo per Antonio, fatto-organizzato dalla Roma magari.
De Falchi spesso viene citato come nelle formazioni dei morti del calcio, ogni tanto un’intervista alla famiglia tipo questa, ma qualcosa che somigli a fiori e/o a opere di bene poco, o niente. A parte la gente. «I tifosi hanno sempre fatto tanto per Antonio. Hanno fatto sempre solo loro. La società no. Né adesso né prima. Viola fece qualcosa per noi». Poi Viola morì. «Ciarrapico ci diede 5 milioni di lire per la difesa, l’avvocato disse che era un’elemosina. Glieli abbiamo ridati. In questi anni nessuno s’è fatto sentire, tranne i tifosi». Perché Antonio De Falchi era un tifoso. Se parli di ricordo, in questi anni lo fa più che altro uno stendardo, un gruppo di Curva Sud con lo striscione che ne ripete ogni volta il nome. "Brigata De Falchi". Non sono terroristi. «Io questi ragazzi li ho conosciuti, sono venuti a trovarmi. Quando ho letto il nome "Brigata" accanto al nome di Antonio mi son detta "fermi fatemi un po’ capire": so’ tutti bravi ragazzi. Loro e tutti i tifosi della Roma non ci hanno mai lasciate sole. Quelli di Testaccio, un club mi sembra, non ricordo, ci hanno regalato due tessere, a me e a mamma. Pochi anni fa è venuto a trovarci Aquilani, Aquilani che era un ragazzino. Sono arrivate sempre tante lettere, ancora adesso ci scrivono, dalla Francia, dall’Inghilterra, da tutto il Mondo. I vaglia sono arrivati dalla trasmissione "Te la do io Tokyo". Altri tifosi ci hanno aiutato. Io questi ragazzi li ringrazio tutti. Gli amici di Antonio sono tutti amici miei».
Gli amici di Antonio oggi andranno a Milano, non tutti ma più di qualcuno. Anna, che ha 42 anni malgrado la voce minutissima e gentile, invece non va allo stadio e nemmeno più mamma Esperia. Da quel giorno allo stadio ci sono stati altri morti. La cameretta sta sempre lì. «Quando succede si prova più rabbia di prima, rabbia ancora oggi. Quando succede non deve succedere, queste cose ci fanno sentire ancora più male dentro». Un po’ di silenzio. Un po’ di silenzio per davvero.
Oggi è il 28 ottobre, per anni, inutile negarlo, s’è cantato come fosse un canto di gioia questa data sbagliata nella memoria: oggi nel giorno in cui Antonio De Falchi compie l’età della sua assenza, diventa un’altra volta maggiorenne, è anche l’anniversario della morte di Vincenzo Paparelli. Aveva 32 anni nel 1979, Vincenzo. Da un po’ di tempo, dal 21 novembre del 1999 perché così decise "ufficialmente" la Curva Sud, non si sentono più quei cori che facevano male soprattutto ai famigliari di Vincenzo Paparelli. Si è arrivati a un’altra consapevolezza. Da anni c’è una targa allo stadio Olimpico che lo ricorda, da due anni (era il 15 dicembre del 2005) a Roma c’è un giardino col suo nome, nel XVII municipio. Giardino Vincenzo Paparelli, bello no? All’inaugurazione, quel giorno, c’erano anche Luca Di Bartolomei e i figli di Maestrelli: anime di Roma. A Roma ancora non c’è una via per Antonio De Falchi, né un giardino per Antonio De Falchi, né una targa all’Olimpico o a San Siro che ricordi un ragazzo dai capelli lunghi ucciso a 18 anni mentre stava per andare a vedere la partita di pallone della Roma. Una VIA per ANTONIO DE FALCHI, o un GIARDINO ANTONIO DE FALCHI: necessari no?
«Il sindaco Veltroni ci telefonò qualche anno fa. Sullo stradario in teoria c’è un parco dedicato ad Antonio, ma non c’è mai stata nessuna inaugurazione, e quel parco è uno schifo, abbandonato. Come al solito, tutti chiacchierano, tanti hanno chiacchierato senza fare niente. Va sempre a finire così. Eppure sarebbe tanto bello se…». Eppure sarebbe tanto bello se qualcosa si muovesse veramente, da oggi, in questa data, nella partita delle squadre con cui ha giocato Agostino Di Bartolomei. Il paradiso ha tutti i colori. «Eppure sarebbe tanto bello se…». Non è il caso che Anna chieda qualcosa. Dopo Antonio, mamma Esperia ha perso anche altri due figli, il marito, il papà se ne è andato prima di Antonio. Non si tratta di salvare il soldato Ryan, qui. Non è un film, e nemmeno una storia che si racconta facilmente. Basterebbe (!) un torneo dedicato ad Antonio De Falchi. Un giardino, per un fiore. Oggi 28 ottobre è la giornata giusta, c’è Milan-Roma, Anna la vedrà, insieme con gli amici di Antonio. «Mamma da quel giorno sta lì…». Quel giorno un ragazzo di 18 anni si mise di fronte a una colonna di carrarmati, mentre al Palaeur i Cure cantavano Just Like Heaven. Significa: proprio come il paradiso.

Da IlRomanista

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