Il contropiede di Rosella Sensi

Non possiamo permetterci di comprare Henry con un blitz da 24 milioni, o di sognare Eto’o o Drogba, ma la Roma sta ridiventando, giorno dopo giorno, una grande società. Non intendo suonare la fanfara. Se grande vuol dire avere un budget di spesa illimitato (ma spesso immorale, visti i falsi in bilancio recentemente scoperti), una comunicazione con i tifosi accettabile ed un marketing in grado di far lievitare i ricavi ad un livello degno per una piazza come questa, siamo molto indietro.
Ma se grande vuol dire una società avveduta e rispettata, siamo già a buon punto. La gestione del caso Chivu fin qui è stata esemplare. Quindici giorni fa, per tutti i giornali d’Italia, tranne questo, la Roma era all’angolo: Chivu aveva respinto la proposta di rinnovare il contratto ad un ingaggio pari a quello di Mexes, aveva già firmato un accordo con l’Inter ad una cifra pazzesca, e l’Inter aspettava che la Sensi gli consegnasse il giocatore su un piatto d’argento altrimenti avremmo perso Pizarro. Era tutto scritto. E invece la Roma è stata capace di non subire il ricatto interista, di accordarsi per Pizarro ottenendo un forte sconto e di rinviare a luglio la discussione su Chivu. Nel frattempo è arrivato il Barcellona, anzi, è piombato a Villa Pacelli: chi legge questo giornale lo sa da almeno una settimana di un forte interesse del club catalano, gli altri lo hanno scoperto ieri. Capita.
Quello che conta è che oggi è la Roma a fare la partita, a decidere dove andrà Chivu con la prospettiva di incassare molti più soldi. Intanto il messaggio mandato al mondo del calcio è chiaro: questa Roma, non si fa prendere per il collo da nessuno. Come ai tempi di Franco Sensi.

di Riccardo Luna per ilromanista

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