Un mercato sbagliato ed il rischio di compromettere la stagione

Due certezze non fanno un successo. Quest’anno in Italia, dopo 4 stagioni a senso unico, non vincerà  solo la Juve. La coppa nazionale, alzata 4 volte di fila da Allegri, finirà  nella bacheca di un club che non sarà  quello bianconero. Ma, dopo l’umiliazione di mercoleda al Franchi, non andrà  nemmeno in quella della Roma. Che, dunque, vede precipitare il suo ultimo alibi. La festa non é pi๠in esclusiva: due società  brinderanno. Pallotta, perà², resterà  ancora a guardare.

Non c’é da stupirsi. La Roma, dall’estate del 2017, é stata ridimensionata dalla proprietà  Usa. Esaltate come plusvalenze e mirate alla continuità  di gestione dei conti, le cessioni del biennio hanno inciso in classifica pi๠dei rinforzi. L’asticella della competitività  si é abbassata, come certificato dal rendimento della squadra. L’ultimo mercato estivo, nonostante i 12 acquisti, non ha certo potenziato il gruppo. Quello invernale, invece, é stato usato per dare Luca Pellegrini in prestito, come se per Pallotta la sessione di gennaio non ci fosse mai stata.

Eppure Di Francesco, il 21 dicembre prima di volare a Torino per la solita sconfitta allo Stadium contro la Juve, fu esplicito: «Inevitabilmente dovrà  esser fatto qualcosa sul mercato». Ignorato a Boston l’sos dell’allenatore, avendo il presidente da tempo tirato le somme, in sintonia con il consulente Baldini. Monchi, per portare 21 calciatori nella Capitale, ha speso 264,7 milioni (contando per intero gli investimenti fatti per Schick e Cristante che prevedono il pagamento pluriennale). Il ds, discreto venditore, non ha perಠmigliorato la rosa.

Il simbolo del flop é Pastore. Che non é figlio unico. «Ask Monchi» lo slogan di Pallotta dopo il 7-1 del Franchi. Indica il ds. Tocca a lui rispondere sul destino di Di Francesco e sul mancato rafforzamento del gruppo. Chiede, dunque, il conto in anticipo. Distante da er core de Roma, non dal core business dello stadio. Che dovrà  essere aperto ai campioni prima che agli spettatori. E non chiuso come questo mercato d’inverno. In cui sarebbe comunque stato impossibile rimettere insieme i cocci d’estate.

(Il Messaggero, U. Trani)

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