Olsen in cerca di conferme

C’é chi lo abbraccia e chi lo protegge. Gesti e parole, mediaticamente il massimo per la platea. Olsen, davanti alla porta che é poi il suo palcoscenico, sorride e non fa una piega, curioso e non sospettoso, come sarebbero molti di noi. Le attenzioni fanno piacere a chiunque e quindi non le scansa, anche se per la verità , come spesso accade dalle nostre parti, nel bene o nel male, sono esagerate. Anzi, dopo la prima partita ufficiale, hanno già  stancato. Robin, 28 anni, non é l’assistente pischello di Batman. Il nome di battesimo dello svedese non deve ingannare. La Roma, pur sapendo di dover sostituire il fenomeno Alisson, non si é certo aggrappata a un supereroe. Ovviamente delle parate pi๠che dei fumetti. Monchi, oggi direttore sportivo e ieri portiere, si é preso la responsabilità , pesato il budget a disposizione, della scelta: Di Francesco si é fidato e Savorani ha approvato. Il ds, del resto, ha tirato fuori dal taschino il biglietto da visita del nuovo arrivato: a Trigoria é entrato il numero uno della nazionale svedese.

QUESTIONE DI RUOLO – Il trattamento riservato a Olsen deve far riflettere: lo difendono l’allenatore e i compagni. Eppure é lui che é stato chiamato qui per difendere la porta della Roma. Lo trattano, senza magari accorgersene e di sicuro senza cattiveria, come uno sprovveduto qualsiasi. E, non volendo, é come se lo avessero già  candidato: sarà  il Calimero della stagione. Cioé il punto debole della Roma. Manca solo l’invito in stile fiera: «Venghino signori, venghino», invogliando gli attaccanti al tiro. Piccolo e nero, perà², Robin non é: 198 centimetri e biondo come la maggioranza dei suoi connazionali. Ma qui é stato subito battezzato impresentabile. Perchà© non ha convinto nei test precampionato negli Usa contro il Barcellona e soprattutto contro il Real Madrid. Sono state le sue prime partite in giallorosso: bocciato, senza se e senza ma, e di conseguenza promosso Mirante. Di Francesco ne ha dovuto annunciare la presenza contro il Torino per dargli forza alla vigilia del debutto in serie A. Che é stato con il brivido, per quel pallone che, all’inizio della ripresa, gli é scappato di mano sul tiro quasi innocuo di Baselli. Lo svedesone, prima di quella gaffe a lieto fine (calcio d’angolo), ha mostrato di saperci fare con i piedi, quando é stato chiamato in causa nel giro palla o nel classico rinvio; di usare la presa se serve, come nel primo tempo su Iago Falque, e di scegliere la respinta, come davanti a Belotti, Meité e ancora Iago Falque. Ha tirato fuori la parte utile del suo repertorio quando la Roma ne ha avuto bisogno. I suoi interventi, normali e forse scolastici, hanno il loro peso nella prima vittoria stagionale.

NUOVO SPECIALISTA – La serenità  é il segreto di questo suo esordio finito sotto la lente di ingrandimento. A Olsen va bene cosa. Non sta a lui tirar fuori il curriculum dopo il clean sheet di Torino. Ne ha contati 9 nelle ultime 12 partite della Svezia (comprese le 2 del playoff contro l’Italia e 3 delle 5 al mondiale). A Ventura negಠla qualificazione in Russia: in 2 match, nessun gol azzurro. Con il Copenaghen, nella stagione 2016/2017, non incassಠreti in 27 gare (19 di campionato, record danese). Ma qui, dove il paragone é sempre di moda, contano i 22 di Alisson. Il passato non si dimentica.

(Il Messaggero, U. Trani)

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