Dzeko rimasto alla Roma e diventato leader

Il Messaggero, M. Ferretti

Edin l’aveva capito prima di tutti, parecchio tempo fa. «Roma? Città  bellissima, ma a Sarajevo durante la guerra c’erano meno buche sulle strade». Altra testa, altra categoria. E Roma, nonostante le buche, à© diventata la sua vita. Al punto di comprare una villa a Casal Palocco e di rifiutare, roba dello scorso gennaio, un botto di milioni di euro (in pià¹) pur di trasferirsi a Londra, sponda Chelsea, non esattamente la città  pi๠brutta del mondo, e non solo per il suo impeccabile manto stradale. Oggi, Dzeko parla della squadra di Eusebio Di Francesco come della mia Roma, e quando lo fa si intuisce al volo che non é per ruffianeria: la sente davvero sua, la vive come se fosse una cosa privata, avendo capito come si ragiona da queste parti quando c’é di mezzo la Magica. La partita che ha giocato l’altra sera contro il Barcellona ha rasentato la perfezione: un’eccellenza sul piano tecnico, ma anche tanta presenza psicologica. Una guida, un punto di riferimento, una garanzia per allenatore, compagni e tifosi. E, in certi casi, non conta aver firmato il gol, che ha sbloccato la partita, quello che ha dato linfa vitale alle (poche) speranze di rimonta. Contano altri valori che, come il coraggio, se uno non ce l’ha non puಠdarseli. Dzeko contro il Barcellona é stato il portabandiera della Roma, e c’é poco altro da aggiungere.

IL BACIO – La foto pi๠gettonata della favolosa notte dell’Olimpico é il suo bacio a Daniele De Rossi, mentre gli consegnava il pallone per calciare il rigore. Un rigore che Edin s’era costruito, inventato con tutta la sua classe e generosità . Un gesto apparentemente normale, il suo, ma in realtà  straordinario. Come dire: pensaci tu, io mi fido di te. Anzi, noi ci fidiamo di te. E in quel noi c’erano pure i sessantamila dell’Olimpico e una bella fetta dei sette milioni e mezzo di spettatori davanti alla tv. Non si é leader solo perchà© si segnano un sacco di gol. Contro tutti i tipi di avversari, dalla peggiore squadra del campionato alla pi๠bella (teoricamente…) d’Europa: Dzeko é leader con l’esempio che dà  e trasmette ai suoi compagni; per la professionalità  che mette in ogni sua azione, dentro e fuori dal campo, e anche per quel suo no al Chelsea di gennaio. E, oggi, vengono i brividi a pensare a quello che (non) sarebbe accaduto se la Roma l’avesse venduto, cedendo alla tentazione di portare a casa l’ennesima plusvalenza. Edin ha scelto Roma, non il danaro, e alla Roma sta portando danaro. E la gente non lo dimentica. Sarà  forse per questo (o perchà© Dzeko é realmente un fuoriclasse) ma il bosniaco é stra-amatissimo dai tifosi. Che per tanto, troppo tempo l’hanno considerato un bluff, un pippone senza dargli neppure il tempo per capire dove e con chi si trovava. Quando Edin ha cominciato a ragionare da romano, calandosi in una realtà  unica al mondo, ha cominciato a lasciare il segno.

IL PASSATO NON SI DIMENTICA – E, puntali, nel post Barcellona sono cominciati i paragoni con gli ultimi grandi attaccanti della Roma. Dzeko per caratteristiche tecniche non puಠessere accostato a Roberto Pruzzo, ma questo non significa che sia pi๠o meno bravo del Bomber. Diverso, se mai. Come lo é da Gabriel Batistuta, da Vincenzo Montella; oppure da Abel Balbo. Come guida spirituale e tecnica della Roma, Edin somiglia a Rudi Voeller che, con tutto il rispetto, non aveva i suoi piedi. Unico, in sostanza. Come lo é stato Francesco Totti, che é riduttivo ancora oggi (e lo sarà , per sempre) definire un solo attaccante. Dire che oggi Edin à© il miglior uomo di movimento della Roma non significa mancare di rispetto a qualcuno: significa soltanto prendere atto della realtà . E chi non lo fa oggi, lo farà  tra dieci, venti, trenta anni: chiedimi chi era Dzeko, risponderà  la Storia.

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