La conferenza stampa di Radja Nainggolan in vista di Roma-Barcellona

I principali passaggi della conferenza stampa di Radja Nainggolan alla vigilia del ritorno dei quarti di finale di Champions League contro il Barcellona.

SULL’ANDATA

â€œàˆ stata una grande partita da parte nostra. Siamo stati un po’ sfortunati, ma la prestazione é stata buona, ora abbiamo il ritorno e speriamo di poter fare una bella partita, con la speranza di poter ottenere qualcosa di importante. Non dobbiamo pensare al passato ma a domani: dipende da noi, da come entreremo in campo, da quanto saremo concentrati, da quanti errori commetteremo”.

SULLE VITTORIE

“Fino a oggi é cosa, non ho mai vinto niente, ma chi mi conosce sa che ho sempre giocato per vincere. A volte preferisco prendere una via difficile, sarebbe facile andare in una squadra vincente per vincere. Per me conta essere protagonista di un progetto importante e giocare per vincere con la squadra che non é favorita. Ho scelto questa piazza anche per quello, é una piazza importante, ma prima o poi bisogna vincere. Una piazza come Roma merita di vincere”.

POSSIBILITà€ DI RIMONTA

“La percentuale non la so, ma di occasioni ne abbiamo avute all’andata. Ne abbiamo avute tante anche con la Fiorentina ma bisogna concretizzarle. Dipenderà  da noi, dobbiamo essere pi๠cattivi sotto porta. Come andrà  la partita si vedrà , noi entreremo con la convinzione di poter far male anche a una grande squadra come il Barcellona”.

LA CONDIZIONE FISICA

“Prima della partita di Bologna ero vicino al 100%, poi ho avuto questo problemino che mi ha dato un po’ di fastidio. Ho saltato l’andata ma giorno dopo giorno va sempre meglio. Io vorrei giocare sempre, anche con i dolorini. Contro il Barcellona non avrei potuto spingere al massimo, ho lasciato spazio a chi stava meglio e poteva dare di pià¹. Ho pensato a recuperare e ora sto meglio”.

ALL’ALTEZZA DI GIOCARE NEL BARCELLONA?

“Già  giocare questa partita é un sogno da bambino. Potrei giocare in una di queste squadre? Non lo so, ogni squadra é costruita attorno alle caratteristiche dei giocatori che ha. Io nel mio piccolo ho sempre dato il massimo, cercando di migliorarmi sempre, partita dopo partita, allenamento dopo allenamento e non tocca a me dirlo”.

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127 commenti su “La conferenza stampa di Radja Nainggolan in vista di Roma-Barcellona”

  1. La Roma diventa più ricca e finisce al centro del mondo. Come riporta”Il Tempo”, si vedranno nel tempo gli effetti della leggendaria rimonta sul Barcellona, un’impresa sportiva dai risvolti teoricamente illimitati sul piano economico, commerciale e d’immagine. Il dato è storico già adesso: dall’attuale Champions il club di Pallotta ha già ricavato quasi 100 milioni di euro garantiti. È la somma dei premi ottenuti per la qualificazione alla coppa e i vari turni passati, i diritti tv che vengono distribuiti secondo i parametri del famigerato «market pool» e gli incassi al botteghino. L’accesso alla semifinale vale da solo 7.5 milioni di euro, più una fetta più grande dei diritti tv.

    Della prima parte del market pool riservata alle squadre italiane da 55.5 milioni complessivi, alla Juve spetta il 50%, ai giallorossi secondi lo scorso anno in campionato il 35% e al Napoli il restante 15%: per la Roma, quindi, 19.425 milioni. I secondi 55.5 milioni sono suddivisi in base al numero di partite disputate nel torneo, al momento la quota di gare di Dzeko e soci (12 comprese le due semifinali che la Juve non giocherà) rappresenta il 42.86% del totale delle italiane, pari a 23.787 milioni di euro. Aggiungendo gli incassi al botteghino, ultimo quello da 3.674.762 euro di martedì sera, ecco che la cifra totale incamerata dalla società di Pallotta sale a 94.424, ai quali vanno aggiunti almeno 4 milioni che arriveranno quasi sicuramente dai biglietti venduti per la semifinale in casa. Ecco quindi avvicinarsi all’incredibile soglia dei 100 milioni di euro: nessuno quest’anno in Champions ne otterrà di più. Una manna dal cielo per le casse giallorosse, sempre soggetto al controllo rigoroso del Fair Play Finanziario dell’Uefa. Secondo le prime stime dei dirigenti, il balzo mostruoso (e inatteso) dei ricavi ottenuto grazie alla semifinale conquistata sul campo, unito alla plusvalenza già realizzata a gennaio cedendo Emerson al Chelsea, potrebbero bastare per chiudere il bilancio al 30 giugno rispettando i parametri richiesti dall’Uefa…….

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    • COMUNQUE MANOLAS E’ GIA VENDUTO XD XD XD

      LA COSA PIU’ RIDICOLA E’ CHE IN SPAGNA OSANNANO MONCHI XD XD XD

      GLIELO HANNO DETTO CHE L’ UNICO ACQUISTO AZZECCATO E’ STATO KOLAROV..E CHE A GENNAIO CERCO DI VENDERE DZEKO????

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  2. “Chi uccide, poi non vuol morire. /Tu uccidi ma non vuoi morire. Tra piccole iene/solo se conviene…”

    Mi sono venuti in mente gli Afterhour ieri sera, vedendo la reazione della Juve. “L’arbitro ha la spazzatura al posto del cuore” mi sembra una frase al di fuori dello stile di chi ci ha bacchettati più volte quando ci siamo lamentati degli arbitri.

    Ammetto che mi è spiaciuto, perché la vittoria se l’erano meritata. Ma la vera questione che non si vuole affrontare è la regola non scritta secondo la quale il pesce grande mangia il pesce piccolo: la società più potente riceve sempre più aiuto di quella meno grande. La squadra di Torino se n’è giovata più volte, in altri contesti.

    La Juve, del resto, era avvisata: su tre o quattro falli da rigore in due partite, la Roma ne ha ricevuto solo uno, e tutti abbiamo visto quanto contro voglia l’arbitro lo abbia concesso, probabilmente solo perché ancora non condannava ancora il Barcellona, che aveva tutto il tempo per recuperare. Qualcuno ha letto di provvedimenti disciplinari per quei due arbitri? Qualcuno ha letto che saranno banditi dal calcio europeo?

    Con il Barcellona andato, perdere anche il Real per le semifinali avrebbe portato a perdite economiche del circo Champions non indifferenti. Agnelli che si lamenta che non ci sia la Var dice una amenità: quel rigore sarebbe stato dato comunque, come successo in Italia in diversi casi quest’anno.
    Era chiaro che, in una situazione critica, al primo contatto in area l’arbitro avrebbe dato rigore. Per evitare questo noi non abbiamo fatto entrare il Barca nella nostra area praticamente mai. Arrivare di corsa appoggiando le mani sulla schiena dell’avversario e alzare la gamba oltre il suo corpo significa mettere la tua squadra sotto un rischio enorme e, al di là del fatto che tu spinga o no, al di là del fatto che tu prenda la palla o no, significa dare all’arbitro la possibilità di fare ciò che spera di poter fare: favorire i più forti.

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  3. poche storie, il regalo più bello ce l’ha fatto Benatia, vecchio cuore giallorosso…

    Le parole Di Francesco:L’economia è una componente vitale per ogni società, determina in buona parte la qualità del vivere e persino del morire, contribuisce a rendere degna o indegna l’esistenza umana. Perciò occupa un posto importante nella riflessione della Chiesa, che guarda all’uomo e alla donna come a persone chiamate a collaborare col piano di Dio anche attraverso il lavoro, la produzione, la distribuzione e il consumo di beni e servizi. Per questo, sin dalle prime settimane del pontificato, ho avuto modo di trattare questioni riguardanti la povertà e la ricchezza, la giustizia e l’ingiustizia, la finanza sana e quella perversa. Se oggi guardiamo all’economia e ai mercati globali, un dato che emerge è la loro ambivalenza. Da una parte, mai come in questi anni l’economia ha consentito a miliardi di persone di affacciarsi al benessere, ai diritti, a una migliore salute e a molto altro. Al contempo, l’economia e i mercati hanno avuto un ruolo nello sfruttamento eccessivo delle risorse comuni, nell’aumento delle disuguaglianze e nel deterioramento del pianeta. Quindi una sua valutazione etica e spirituale deve sapersi muovere in questa ambivalenza, che emerge in contesti sempre più complessi. Il nostro mondo è capace del meglio e del peggio. Lo è sempre stato, ma oggi i mezzi tecnici e finanziari hanno amplificato le potenzialità di bene e di male. Mentre in certe parti del pianeta si annega nell’opulenza, in altre non si ha il minimo per sopravvivere. Nei miei viaggi ho potuto vedere questi contrasti più di quanto mi sia stato possibile in Argentina. Ho visto il paradosso di un’economia globalizzata che potrebbe sfamare, curare e alloggiare tutti gli abitanti che popolano la nostra casa comune, ma che — come indicano alcune statistiche preoccupanti — concentra nelle mani di pochissime persone la stessa ricchezza che è appannaggio di circa metà della popolazione mondiale. Ho constatato che il capitalismo sfrenato degli ultimi decenni ha ulteriormente dilatato il fossato che separa i più ricchi dai più poveri, generando nuove precarietà e schiavitù. L’attuale concentrazione delle ricchezze è frutto, in buona parte, dei meccanismi del sistema finanziario. Guardando alla finanza, vediamo inoltre che un sistema economico basato sulla prossimità, nell’epoca della globalizzazione, incontra non poche difficoltà: le istituzioni finanziarie e le imprese multinazionali raggiungono dimensioni tali da condizionare le economie locali, mettendo gli Stati sempre più in difficoltà nel ben operare per lo sviluppo delle popolazioni. D’altronde, la mancanza di regolamentazione e di controlli adeguati favorisce la crescita di capitale speculativo, che non si interessa degli investimenti produttivi a lungo termine, ma cerca il lucro immediato. Prima da semplice cristiano, poi da religioso e sacerdote, quindi da Papa, ritengo che le questioni sociali ed economiche non possano essere estranee al messaggio del Vangelo. Perciò, sulla scia dei miei predecessori, cerco di mettermi in ascolto degli attori presenti sulla scena mondiale, dai lavoratori agli imprenditori, ai politici, dando voce, in particolare, ai poveri, agli scartati, a chi soffre. La Chiesa, nel diffondere il messaggio di carità e giustizia del Vangelo, non può rimanere silente di fronte all’ingiustizia e alla sofferenza. Ella può e vuole unirsi ai milioni di uomini e donne che dicono no all’ingiustizia in modo pacifico, adoperandosi per una maggiore equità. Ovunque c’è gente che dice sì alla vita, alla giustizia, alla legalità, alla solidarietà. Tanti incontri mi confermano che il Vangelo non è un’utopia ma una speranza reale, anche per l’economia: Dio non abbandona le sue creature in balia del male. Al contrario, le invita a non stancarsi nel collaborare con tutti per il bene comune. Quanto dico e scrivo sul potere dell’economia e della finanza vuol essere un appello affinché i poveri siano trattati meglio e le ingiustizie diminuiscano. In particolare, costantemente chiedo che si smetta di lucrare sulle armi col rischio di scatenare guerre che, oltre ai morti e ai poveri, aumentano solo i fondi di pochi, fondi spesso impersonali e maggiori dei bilanci degli Stati che li ospitano, fondi che prosperano nel sangue innocente. (…) Ci sono dei no da dire alla mentalità dello scarto: occorre evitare di uniformarsi al pensiero unico, attuando coraggiosamente delle scelte buone e controcorrente. Tutti, come insegna la Scrittura, possono ravvedersi, convertirsi, diventare testimoni e profeti di un mondo più giusto e solidale. (…)Il mondo creato agli occhi di Dio è cosa buona, l’essere umano cosa molto buona (cf. Gen 1, 4-31). Il peccato ha macchiato e continua a macchiare la bontà originaria, ma non può cancellare l’impronta dell’immagine di Dio presente in ogni uomo. Perciò non dobbiamo perdere la speranza: stiamo vivendo un’epoca difficile, ma piena di opportunità nuove e inedite. Non possiamo smettere di credere che, con l’aiuto di Dio e insieme — lo ripeto, insieme — si può migliorare questo nostro mondo e rianimare la speranza, la virtù forse più preziosa oggi. Se siamo insieme, uniti nel suo nome, il Signore è in mezzo a noi secondo la sua promessa (cf. Mt 18, 20); quindi è con noi anche in mezzo al mondo, nelle fabbriche, nelle aziende e nelle banche come nelle case, nelle favelas e nei campi profughi. Possiamo, dobbiamo sperare.

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  4. Da una parte c’era il Real, la squadra più schifosa del pianeta con un allenatore il più sopravvalutato del mondo del calcio.
    La Juvendus avrebbe meritato il passaggio del turno.
    PERO’!!!!!!
    che soddisfazione vederli uscire con un rigore fischiato contro: EMBLEMATICO e metafora delle ingiustizie subite da noi poveri partecipanti del campionato italiano.
    How does it feel? ♪♫♪

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  5. Solo per farsi un’idea… e ripensando ai lamenti di Sarri e Inzaghi…
    La classifica dei rigori a favore e contro di quest’anno… guarda un po’ chi ne ha avuti di più a favore e di meno contro…

    A FAVORE
    Lazio 9 (8)
    Sassuolo 9 (3)
    Napoli 8 (6)
    Udinese 7 (7)
    Sampdoria 7 (7)
    Fiorentina 7 (6)
    Atalanta 7 (5)
    Cagliari 7 (4)
    Juventus 7 (4)
    Verona 6 (6)
    Inter 6 (5)
    Milan 6 (4)
    Roma 6 (3)
    Genoa 5 (4)
    SPAL 4 (3)
    Crotone 3 (2)
    Benevento 2 (1)
    Chievo 1 (1)
    Bologna 1 (0)
    Torino 1 (0)

    CONTRO
    Spal 12 (9)
    Benevento 11 (9)
    Cagliari 10 (8)
    Sampdoria 9 (5)
    Lazio 8 (7)
    Verona 7 (6)
    Torino 7 (5)
    Crotone 6 (4)
    Chievo 6 (3)
    Udinese 5 (1)
    Roma 4 (3)
    Bologna 4 (3)
    Genoa 3 (3)
    Fiorentina 3 (2)
    Juventus 3 (2)
    Sassuolo 3 (2)
    Inter 2 (2)
    Milan 2 (2)
    Napoli 2 (2)
    Atalanta 2 (1)

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  6. Se da un lato posso capire l’amarezza di perdere una semifinale al 95′ su rigore, dall’altro non approvo la reazione arrogante dei rubbentini (altro che “stile Juve”), i quali dimenticano troppo facilmente quante volte sia stato dato a loro favore un rigore a tempo scaduto e di quanti favori arbitrali abbiano ricevuto nella loro storia… (guarda caso in questi giorni ricircolavano le immagini di quello scandaloso episodio in Juve Inter quando Ronaldo fu abbattuto in area da Iuliano e sul contropiede fu dato un dubbio rigore al tuffatore Del Siero…)

    Come avevo già scritto, un conto è vincere in Italia e avere rigori a iosa dagli arbitri nostrani contro il Benevento e il Sassuolo, ben altro conto è invece giocare in Europa, dove gli arbitri stranieri se ne fottono della Rubbentus e dell’italia. Del resto noi stessi ce n’eravamo accorti bene a Barcellona, ultimo dei tanti episodi.

    Con la differenza che noi, per una volta, siamo stati più forti anche degli arbitri. La Rubbe no. Mi spiace juventini, stavolta v’ha detto male. Tornate a casa e imparate a perdere. Se volete ci sono tante squadre in Italia che potrebbero darvi utili lezioni di umiltà e di sconfitte accettate. Ma per voi questa è una lezione non contemplata nel programma, vero? Per voi, come ripetete sempre, conta solo vincere, non importa come. Mi sa tanto che anche per il Real sia così. E ve ne siete accorti ieri sera.

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  7. Peter ha detto bene, ora il valore della rosa è quasi raddoppiato rispetto allo scorso anno.

    Gli introiti supereranno abbondantemente i 200mln.

    Arriveranno back sponsor e mai sponsor.

    Senza fare i conti in tasca a nessuno la roma NON HA la necessità di vendere nessuno se non per scelta tecnica.

    FINALMENTE monchi sarà libero di fare un mercato di qualità.

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  8. Peccato davvero …devo riconoscere che mi e’ venuto fuori il patriotismo italiano…e ho sperato che la Juve mandasse a casa Il Madrid.
    Certo che perderla all’ ultimo minuto…che sfiga.

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    • Anche a me é dispiaciuto, due squadre italiane in semifinale sarebbe stato veramente grandioso per il nostro movimento e una delle due essere la Roma un vanto, in piu questa Juve é mooolto più gestibile di un Real con arbitri a favore.

      Un ultima cosa, ho appena visto l’intervista di Agnelli, lo schifo con tutto me stesso cosi come la squadra di cui é presidente, ma apprezzo la sua sportività nel fare l’imbocca al lupo a Lazio e Roma e a difendere tutte le squadre italiane da questi torti arbitrali.

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      • Il ragionamento fatto da Agnelli su Collina è un pó estremo e per me insensato.
        Secondo Agnelli gli arbitri con le squadre italiane sono più severi per non dare l’impressione di volersi ingraziare il designatore. Mah!
        Sotto sotto credo invece non gli sia andata giù la designazione di uno sbarbatello di 33 anni come arbitro.
        Anche il nostro arbitro aveva solo 5 gare di champions in curriculum.
        Designare arbitri giovani per Barca e Real significa mettere professionisti, magari bravissimi, ma maggiormente “condizionabili” rispetto ad arbitri navigati.
        Che tali designazioni per Roma e Juve le abbia fatte il laziale dichiarato Collina fa pensare.

  9. Intanto la Juve sta due a zero sil real, a voi quanto vi farebbe piacere vedere la Juve alle semifinali?
    Secondo me la Juve per noi sarebbe pure più abbordabile del Real, quindi perderei volentieri qualche milione del market pool per incontrare loro anziché i madrileni. Voi che pensate? Juve, Liverpool, Bayern sarebbe veramente un terzetto contro cui ce la possiamo giocare per una finale

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  10. Non montiamoci la testa, giovani: occhio a Lazio, Genoa e Spal nei prossimi due fine settimana, più un infrasettimanale. Poi, tra 24 e 25 aprile l’andata della semifinale, il Chievo il 28 e, tra 1 e 2 maggio il ritorno della semifinale.
    Il 26 maggio alcuni di voi, invidiati amici, saranno a Kiev, per assistere alla gloriosa finale.
    Ma, come dicevo, non montiamoci la testa rivolta, ora, solo alla Lazio.
    Ricordo Ave che mi rimproverò aspramente per aver scritto in chiaro il nome dell’altra romana: Ave, ci manchi, come Amarcord. Dove siete? Tornate.

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  11. Fruzzolo 11 aprile 2018 il 13:10
    non è fra daniele de rossi?

    No caro reverendo, anche se ieri si è comportato come lui.
    Se ti può interessare, ti invio la mia testimonianza alla sua causa di canonizzazione, alla quale ho accennato sotto.
    Confermamelo al mio indirizzo e-mail giemmolette, seguito dalla chiocciola, dal mio fornitore Tiscali e dalla sigla .it: non l’ho scritta canonicamente perché il link serve solo a far mettere in quarantena perenne tutto il commento.

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  12. aleste85 11 aprile 2018 il 16:13
    ragazzi io non ho ancora capito cosa è successo, sono disorientato

    Credo, caro Aleste, sia lo stato d’animo un po’ di tutti noi.
    Sono un estimatore di De Rossi ormai casuale, come le sue prestazioni di livello: imperiale, secondo la definizione di un giornale spagnolo, che mi pare fosse Mundo Deportivo.
    Avercelo sempre così ci farebbe tornare indietro di almeno dieci anni, me lo ricordo bene: ma in fondo è importante averlo quando serve.
    Grazie Daniele.
    Ultima considerazione. Il Barça era considerata, dopo il sorteggio, la squadra più forte del mondo: pesantemente ridimensionato non potrà essere molto al di sotto di Bayern o Real.
    Ecco perché Eusebio crede nella finale e dobbiamo crederci anche noi, dove mi piacerebbe tanto vendicarci del Liverpool.

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  13. Testa bassa e pedalare non abbiamo ancora vinto niente e ce ancora tanta strada da fare.

    Concentrati sulla Lazio ora per dare un altra svolta alla stagione.

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  14. 😀
    😀
    😀
    GRAZIE ROMA ⚽⚽⚽
    GRAZIE AMULETI
    IO E PAPA’ ABBIAMO PIANTO PER LA GIOIA 😂😂
    Anche i vicini di casa ieri sera erano a vedere la partita da noi
    La Roma ha quattro nuovi tifosi!!!!!!!!!
    💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️💛❤️
    Un abbraccio a tutti, non scrivo da due settimane ma ogni tanto passo a leggere i commenti

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  15. PierrotGialloRosso 10 aprile 2018 il 23:19
    mai sentito sto santo…pero tienilo stretto..e mandami la preghiera cosi per la semifinale la faccio anche io xd xd

    Frà Daniele, diletto figlio spirituale di padre Pio, ha in corso la causa di canonizzazione, giunta al termine della fase diocesana e oggi radicata presso la Congregazione delle cause dei santi al Vicariato di Roma: alla mia età, caro Pierrot, io non la vedrò esaurita, ma spero che il Signore mi conceda di festeggiare insieme al futuro santo.
    Sperando di non urtare alcuno, trascrivo la preghiera richiesta che andrà integrata in modo specifico in occasione della semifinale: chissà che in caso di esito positivo non possa valere come il miracolo richiesto prima della beatificazione!
    O Signore, che frà Daniele Natale, tuo fedele servitore dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, hai ricolmato del tuo amore sapiente, promesso ai piccoli e ai semplici, rendendolo apostolo della preghiera e della carità, Ti prego di volerlo glorificare anche su questa terra a sostegno della missione della Chiesa e, per sua intercessione, di volermi concedere la grazia che ardentemente desidero. 3 Gloria..
    Spero non sia interpretabile come atto di blasfemìa.
    Ancora una domanda, amico mio: che significano quelle tue parole conclusive,xd, xd?

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    • Le parole Di Francesco
      «Negli anni aveva spesso immaginato quale eredità avrebbe lasciato a suo figlio, quale parte di sé lui avrebbe mantenuta. Non immaginava, almeno non prima delle ultime settimane, che sarebbe invece stata lei a ricevere un testamento, l’onere di proseguire quanto egli aveva interrotto». Questi sono i pensieri che si affollavano nella mente sconvolta dal dolore di Maria durante le ore che lentamente passavano tra la morte di Gesù e la sua resurrezione. Mariantonia Avati nell’intenso libro Il silenzio del sabato (Milano, La nave di Teseo, 2018, pagine 194, euro 17) prova a mettersi nei panni della madre di Gesù, prova a immaginare come questa donna ha umanamente vissuto il suo ruolo materno e come ha — in un percorso lungo e doloroso — raggiunto la comprensione di quale doveva essere il suo compito di madre del figlio di Dio.

      Il pregio principale di questo libro — scritto molto bene, con una prosa scarna ed efficace — è quello di restituirci un’immagine di Maria più vera e più umana di quella alla quale siamo stati abituati, immagine spesso trasformata in un rigido santino lontano da ciò che deve essere stata la sua realtà. La realtà di una giovanissima donna che ha saputo accettare una proposta meravigliosa e difficilissima, e che giorno per giorno ha saputo inventare un ruolo che mai era stato vissuto e che mai più sarebbe stato vissuto dopo di lei.

      Una donna che cresce insieme al figlio, nel trascorrere dei giorni, e per la quale la frase dell’evangelista Luca «custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (2, 51) è una realtà profonda che la trasforma e la fa crescere spiritualmente. Maria allora è una creatura umana che come tutte le creature percorre la sua via con debolezza e coraggio insieme, con fiducia e paura. E già questo fatto la rende ai nostri occhi più vicina, più comprensibile, e allo stesso tempo ci offre un modello che è certo ineguagliabile, ma che offre per molti versi spunti anche a noi per un percorso spirituale forte e innovativo.

      Ma un altro punto che l’autrice ha immaginato, con coraggio e sottigliezza, è che Gesù abbia chiesto alla madre di aiutarlo a sopportare la passione, a resistere al dolore. La Maria che soffre per il figlio quindi è anche quella che capisce come e dove aiutarlo nel suo compito nascosto e tremendo nel «silenzio del sabato», fino alla resurrezione che in un certo senso è possibile anche perché lei continua a crederci, a sperare.

      Maria in questo racconto è quindi davvero partecipe della redenzione di Cristo in senso profondamente consapevole, soprattutto perché riesce a comprendere che Gesù può continuare a vivere solo se gli esseri umani sapranno dare ascolto e vita alle sue parole così nuove e rivoluzionarie. Nuove anche per quanto riguarda il posto delle donne, di cui lei è testimone e memento.

      Questo romanzo è dunque molto coinvolgente e capace di suggerire nuove idee e interpretazioni della passione di Gesù, grazie proprio a un coinvolgimento personale che mette in gioco apertamente il fatto che l’autrice è donna e madre.

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    • Dimenticavo che il 10 luglio 2014 ho reso testimonianza presso il Tribunale diocesano circa la mia volontà di manifestare integralmente e chiaramente tutte le mie conoscenze, tanto a favore quanto a disfavore del Servo di Dio, utili ad alimentare la causa in corso.
      Devo, infine, precisare, che sono stato legato a frà Daniele da profondi vincoli spirituali di amicizia, che mi hanno fatto interpretare la possibilità di quella testimonianza come un’intensa ragione di amore spirituale, un’emozione unica, una dolcezza inesprimibile, un privilegio inatteso di rivivere gli anni dell’infanzia, dell’adolescenza e della prima giovinezza, trascorsi con un gruppo di mistici amorosi e amati, che mi hanno consegnato processi educativi e formativi estremamente profondi. Essi costituivano gran parte del Gruppo di preghiera romano di Padre Pio, presieduto da Carlo Campanini, e raccolto intorno a un giovane frà Daniele, spesso a Roma, Ospedale Regina Elena, per i controlli successivi a un intervento al digerente del 1952, compiuto dall’oncologo prof. Moretti, che conosceva il futuro santo di Pietrelcina.

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  16. Assodato che ieri siamo stati magnifici, vorrei porre l’accento su una cosa in particolare: l’arbitro.

    È facile e conveniente prendere decisioni a favore della squadra più forte. Facile perché quella squadra potrebbe poi fare due o tre goal di suo facendo partire il classico adagio:”Avrebbero vinto comunque”. Conveniente perché un errore contro una piccola produce un eco minore e non ci si rimette la reputazione.

    Ieri l’arbitro si aspettava un esito scontato. Una squadra già qualificata e un’altra già arresa che prova qualche fiammata qua e là: probabilmente sperava queato. Ma sapeva anche che ci erano stati negati due rigori all’andata (o uno, a seconda dei punti di vista).
    Dopo pochi minuti c’era già un rigore per noi. L’arbitro non si sente di fischiare contro il Barcellona e lascia proseguire. Da qui in poi c’è una lezione da imparare, secondo me importantissima. Da qui in poi gli spagnoli si sentono protetti, a ogni contrasto si voltano a guardare l’arbitro infastiditi, chiedono che distribuisce cartellini, sembrano dirgli:”Noi siamo il Barcellona, non puoi fischiare contro di noi”.
    E noi? Noi abbiamo fatto capire all’arbitro che non ci saremmo fermati. Fazio che gli parla con le mani dietro la schiena, Strootman, De Rossi. Tutti sembravano dirgli:”Noi siamo qui per far male al Barcellona. In in modo o nell’altro. Non ci fermeremo: continueremo a combattere e continueremo a picchiare quando sarà necessario.”. L’arbitro si intimidisce. Prova a restare impassibile, a gridare qualche ammonimento contro di noi, ma si accorge che è inutile. Noi siamo qui per fare un’impresa, e non ci arrenderemo. Dall’altra parte gli spagnoli continuano a sentirsi privilegiati; continuano a pensare di poterci spintonare fuori e dentro area senza che nessuno fischi un fallo ai loro danni. Iniesta è il primo a capire che oggi le cose non stanno così. È abituato a essere contrastato, anche duramente. Ma non è abituato a quello sguardo, quello che hanno i giocatori della Roma dopo i contrasti: uno sguardo che non è quello della rabbia impotente di chi cerca di fermare disperatamente un avversario più forte. No. È lo sguardo di chi non si cura dei tuoi trofei e della tua fama; è uno sguardo che ti fa capire che qui, oggi, il tuo glorioso passato non conta: sei solo dentro l’Olimpico. Sono convinto di aver visto questo negli occhi del giocatore spagnolo.
    Ma è il solo ad averlo capito. Gli altri pensano ancora di poter afferrare Dzeko per una mano e non lasciarla per uno, due, tre passi, finché il nostro attaccante non cade. E qui cambia tutto. L’arbitro sa cosa dovrebbe fare, ma ha paura. Gli spagnoli lo guardano. “Noi siamo il Barcellona. Non vorrai mica fischiarci contro?” E noi? Noi sembriamo dirgli;”Farai finta di non vedere nemmeno questo? Vuoi farci davvero arrabbiare?”. L’Olimpico è una fornace, e l’arbitro capisce, finalmente, che la Roma deve essere rispettata, o lo stadio diventerà un inferno e il campo una bolgia ingestibile. Vorrebbe negarsi il rigore, questo era chiaro, ma poi pensa a cone sarebbe stare in campo dopo, a come avrebbe arginato la furia che sentiva avvampare dentro i nostri. Allora cambia idea. Rigore. Il portiere avversario sembra stupito: era già pronto a rinviare il pallone per iniziare una nuova azione, tutto il suo corpo sembrava non capire che un rigore potesse essere fischiato contro di loro. E ora tutti capiscono ciò che il solo Iniesta aveva intuito: che la fine non è più un concetto astratto, che questi pazzi dei romanisti ci credono davvero; credono di poter surclassare loro, il Barcellona, e ci credono così tanto che questa idea inizia a serpeggiare anche nelle loro menti. La fine non è un concetto astratto. La fine è vicina.
    Questa serata, che doveva essere solo una formalità, se la ricorderanno per tutta la vita. L’Olimpico, la città di Roma, i colori giallorossi, gli ricorderanno per sempre ciò che sta per accadergli, ciò che ormai sembra ineluttabile che accada. Capiscono che noi non siamo una formalità: noi siamo la Roma. Lo capiscono i giocatori, lo caoisce l’arbitro, lo capisce la stampa spagnola, lo capisce l’Europa. Non pensate di venire a casa nostra e di mamcarmi di rispetto.

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    • semplicemente da applausi questa tua riflessione
      Mi son venute le lacrime agli occhi nel ripercorrere leggendo il film della gara

      e’ tutto vero- siamo stati davvero un branco di lupi ieri sera –

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    • Condivido la tua valutazione iniziale sull’arbitro, anche ieri sera contrario a noi. Il rigore, a mio parere, lo ha deciso l’arbitro di porta, perché lui non l’avrebbe dato: grande ritardo, infatti, nell’ammonizione dell’autore del fallo e nell’indicazione del dischetto.
      Grande De Rossi, potente e preciso, come anche illuminante era stato nella mostruosa verticalizzazione su Dzeko, in occasione del prima gol. Questo è il Daniele che ci lascerà la storia, che ora, però, gli fornisce gli stimoli adeguati solo nelle grandi occasioni.

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    • Salve a tutti,
      Ho scritto il mio messaggio battendo furiosamente sul mio cellulare e rivivendo la in mente tutta la partita. Rileggendo mi sono accorto che, tra la fretta e il correttore, ho collezionato alcuni erroracci (“un eco” e “chiedono che distribuisce” i peggiori😓). Scusatemi! Troppa emozione anche nel ricordare!

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  17. questa vittoria é l’impatto positivo sull’ambiente di Trigoria, la fiducia che c’é sempre stata di chi va allo stadio, gli introiti, il valore dei giocatori che lievita abbondantemente…
    Ora ti puoi permettere di chiedere 40 per Juan Jesus e 30 per Peres lol
    Insomma, finalmente la smetteremo di credere che senza Scesny non si puo’ giocare, senza Salah non si segna più di un gol, senza Spalletti non ottieni risultati…

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  18. Smaltito l’euforismo di ieri sera, coma al solito qualche riflessione del giorno dopo:
    -Il 343/3421 o come lo volete chiamare calza troppo bene a questa squadra per farne a meno proprio ora, un momento cruciale della stagione. Florenzi (ma anche Peres) giocano nel loro ruolo e Naingollan spostato in avanti puo dare il meglio di se. Idem per Schick che come seconda punta lo vedo molto piu congeniale, anche lui ieri una buona partita, se Dzeko poi si porta dietro sempre due difensori le occasioni per buttarla dentro gli arriveranno.

    -Se dovessi scegliere tra una squadra da incontrare penso che sceglieri più il Bayern che il Liverpool. R. Madrid é fortissimo in questi tornei dentro o fuori mentre il Liverpool a parte trovarsi super in forma un po come noi sta facendo piu dell aspettato, quindi faranno anche loro la partita della vita, e poi ce l’ex Salah. Il Bayern, anche se fortissimo, sembra una squadra contro con cui tutto sommato ce la possiamo giocare.

    -Prima non eravamo pippe ora non siamo fenomeni, smaltiamo il carico di adrenalina e concentriamoci sul derby, che é importantissimo per il proseguo in campionato e porterebbe un altro carico di fiducia.

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  19. Io ancora non ci credo. Erano almeno otto anni che non mi emozionavo così.
    E’ la cosa più assurda e più bella che abbia mai visto in vita mia.

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  20. E’ stata anche la vittoria di una squadra finalmente umile e concreta su un’altra squadra forte, osannata da tutti ma forse proprio per questo presuntuosa e convinta di aver già vinto.

    Una lezione di calcio e di concretezza ai vari Messi, stranito e incredulo, Suarez, giocatore che ho sempre detestato per la sua antisportività, e vari altri spagnoli che avevano già la testa alle semifinali, Valverde compreso.

    E poi è stata la vittoria degli outsider (Liverpool compreso) che fa molto bene al calcio, una ventata di novità per non vedere sempre le stesse facce in semifinale o finale che sia. Magari succedesse anche in Italia, dove lo strapotere juventino diverte soltanto i tifozi zebtrati e ormai non è più sopportabile da tutto il resto degli italiani che, mi auguro, siano la maggioranza che prima o poi li spazzerà via dal trono.

    Adesso però ragazzi mi raccomando, non sputtanate tutto domenica perdendo il derby contro le quaglie sbiadite.

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  21. Dopo più di 30 anni siamo nuovamente ad un passo dal paradiso
    quella di ieri é simile a Roma Dundee, solo che battere ste facce di culo del Barça é una goduria tripla.
    Passo che ricompatterà la tifoseria e riaccenderà gli animi, quello che mancava a Roma dall’ultimo scudetto.
    Mettiamo da parte tutte le stronzate che abbiamo scritto e fortunatamente noi non ci capiamo mai un cazzo né di tattica né di mercato e ne di allenatori, ma solo di fede e basta.

    Dajeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
    se giochiamo cosi, le quaglie di merda le uccidiamo in 30 minuti

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    • LE PAROLE DI FRANCESCO

      Come un bel regalo di Pasqua abbiamo accolto la nuova esortazione apostolica di Papa Francesco, datata 19 marzo, festa di san Giuseppe, e pubblicata il 9 aprile. Non vi è dubbio che la santità è il volto più bello della Chiesa ed è il progetto di Dio per il quale ci ha donato la grazia inestimabile del battesimo. Anche qui Dio Padre ci ha anticipato (primereó) facendoci figli nel Figlio.

      Molte volte, iniziando le mie lezioni di teologia morale nel seminario di Tegucigalpa, ricordo agli studenti due brani della lettera agli Efesini: «Prima della creazione del mondo ci ha scelti per essere santi e immacolati alla sua presenza nell’amore» (1, 4). E ancora: la nostra vita morale non è altro che «camminare in modo degno della vocazione con la quale siamo stati chiamati» (4, 1).

      Dio ci vuole santi con audacia e con fervore. Giunge dunque opportuno questo testo papale nel cammino verso il prossimo sinodo e verso la giornata mondiale della gioventù di Panamá. Non possiamo accontentarci, né essere mediocri né «liquefatti». Tutti, ma soprattutto i giovani, e anche coloro che ormai non lo sono più, capiamo questo linguaggio semplice e diretto.

      Qual è l’altezza della santità? Non vi è dubbio che corrisponda alla statura che Cristo raggiunge in noi. Ce lo ricorda ancora san Paolo: l’uomo perfetto dalla statura di Cristo (cfr. Efesini 4, 13).

      Ma oggi vi sono due ostacoli che il Papa, tra i tanti altri, definisce nemici della santità. Si tratta del nuovo gnosticismo e del nuovo pelagianesimo, due tendenze che, nonostante i nomi richiamino eresie molto antiche, hanno maschere attualissime e attraenti. In sintesi, mai una mente senza Dio e senza carne, mai l’ansia, mai l’orgoglio, mai il potere.

      Bisogna essere grati al Pontefice per averci ricordato che il quinto capitolo della costituzione dogmatica conciliare Lumen gentium non può restare negli scaffali. Questo testo ha infatti un dinamismo che non ha perso vigore e che è alla portata di tutti. Tutti chiama, al punto che il testo evoca una «classe media della santità», i santi della «porta accanto». I santi ci incoraggiano e ci accompagnano. Non dobbiamo avere paura della santità, perché non ci toglierà forze, né vita, né gioia. Il Papa lo ripete continuamente: non bisogna avere paura. Al contrario, la santità dà origine a un’energia che né le persecuzioni, né la maldicenza, né le mormorazioni ci potranno togliere.

      La vita è una missione. Non possiamo pensare alla missione del cristiano sulla terra se non come a un cammino di santità che non ha paura delle periferie. Per questo dobbiamo affrontare con costanza la corsa che sta davanti a noi. Il nostro battesimo deve portare frutti in questo cammino. Santi e irreprensibili davanti a lui nell’amore lasciando che la grazia dia frutti di santità.

      E le vie concrete sono le beatitudini e la misericordia, insieme al «grande protocollo» della carità. Questa bella meditazione sulle beatitudini ci ricorda quell’altra, altrettanto bella, sul capitolo tredicesimo della prima lettera ai Corinzi che il Papa ha svolto in Amoris laetitia.

      In questo panorama incoraggiante e che sfida, non può mancare la Vergine Maria, la santa per eccellenza. Lei ci libera, ci consola e santifica. Pregando capiamo Gesù e operiamo il discernimento. La chiamata è oggi come ieri: cammina alla sua presenza e sii perfetto.

      Questa esortazione di Papa Francesco prosegue lo spirito del suo magistero che anima e stimola: la gioia del Vangelo, la gioia dell’amore, la gioia della santità. Vi è solo una tristezza, quella di non essere santi.

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  22. ORA VOGPIO IL BAYERN per vendicarmi dei 7 goal, poi in finale voglio il LIVERPOOL….

    Il 7-1 di barca è stato vendicato.

    Ora tocca a Bayern e poi Liverpool.

    A quel punto la redenzione sarebbe completa.

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    • il bayern è ostico in quanto esperto in tutti i settori e non particolarmente votato allo spettacolo..
      Classica squadra cinica anche da giocata singola –

      No so perchè ma a me stuzzica una semifinale contro il Liverpool – che gioca molto avanti e quindi più vicino alla filosofia fin qui incontrata sia dello Shaktar che del Barca

      Poi Kloop ̬ un tipo strano che svalvola Рquindi tatticamente ̬ tutta da giocare

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  23. ieri probabilmente è stata la dimostrazione, anche per me, che questo allenatore da molti definito provinciale possa essere invece l’uomo giusto per far cambiare mentalità alla squadra e farla diventare più “europea”.
    certo, gli errori ci sono stati, soprattutto in campionato, anzi direi esclusivamente in campionato, perché nessuno avrebbe scommesso un centesimo a inizio anno o anche solo una settimana fa su una roma in semifinale di champions.
    ma di francesco ha dimostrato di saper giocare bene le coppe, anche ai tempi del sassuolo con cui aveva disputato un’ottima europa league

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  24. DDAAJJEE!!!!
    Le parole Di Francesco
    benvenuti, grazie, e spero che coloro che sono stati nominati vescovi non abbiano perso la capacità di “misericordiare”. Questo è importante.

    Per me è una gioia incontrarvi dopo la bella esperienza del Giubileo della Misericordia. Come ben sapete, al termine di quel Giubileo straordinario il vostro ministero si sarebbe dovuto concludere. Eppure, riflettendo sul grande servizio che avete reso alla Chiesa, e su quanto bene avete fatto e offerto a tanti credenti con la vostra predicazione e soprattutto con la celebrazione del sacramento della Riconciliazione, ho ritenuto opportuno che ancora per un po’ di tempo il vostro mandato potesse essere prolungato. Ho ricevuto molte testimonianze di conversioni che si sono realizzate tramite il vostro servizio. E voi siete testimoni di questo. Davvero dobbiamo riconoscere che la misericordia di Dio non conosce confini e con il vostro ministero siete segno concreto che la Chiesa non può, non deve e non vuole creare alcuna barriera o difficoltà che ostacoli l’accesso al perdono del Padre. Il “figliol prodigo” non è dovuto passare per la dogana: è stato accolto dal Padre, senza ostacoli.

    Ringrazio Monsignor Fisichella per le sue parole di introduzione, e i collaboratori del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione per aver organizzato queste giornate di preghiera e di riflessione. Estendo il mio pensiero a quanti non sono potuti venire, perché si sentano comunque partecipi e, pur se a distanza, giunga anche a loro il mio apprezzamento e il mio ringraziamento.

    Vorrei condividere con voi alcune riflessioni per dare maggior sostegno alla responsabilità che ho messo nelle vostre mani, e perché il ministero della misericordia che siete chiamati a vivere in modo del tutto particolare possa esprimersi al meglio, secondo la volontà del Padre che Gesù ci ha rivelato, e che alla luce di Pasqua acquista il suo senso più compiuto. E con queste parole – il discorso sarà forse un po’ lungo – vorrei sottolineare la dottrina del vostro ministero, che non è un’idea – “facciamo questa esperienza pastorale e poi vedremo come va” –, no. È un’esperienza pastorale che ha dietro una vera e propria dottrina.

    Una prima riflessione mi viene suggerita dal testo del profeta Isaia dove si legge: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato. […] il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri. Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,8.13-15). È un testo intriso del tema della misericordia. La benevolenza, la consolazione, la vicinanza, la promessa di amore eterno…: sono tutte espressioni che intendono esprimere la ricchezza della misericordia divina, senza poterla esaurire in un solo aspetto.

    San Paolo, nella sua seconda lettera ai Corinzi, riprendendo questo testo di Isaia, lo attualizza e sembra volerlo applicare proprio a noi. Scrive così: «Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: “Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (6,1-2). La prima indicazione offerta dall’Apostolo è che noi siamo i collaboratori di Dio. Quanto intensa sia questa chiamata è facile verificarlo. Alcuni versetti prima, Paolo aveva espresso lo stesso concetto dicendo: «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo – sembra che sia in ginocchio – in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (5,20). Il messaggio che noi portiamo come ambasciatori a nome di Cristo è quello di fare pace con Dio. Il nostro apostolato è un appello a cercare e ricevere il perdono del Padre. Come si vede, Dio ha bisogno di uomini che portino nel mondo il suo perdono e la sua misericordia. È la stessa missione che il Signore risorto ha dato ai discepoli all’indomani della sua Pasqua: «Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,21-23). Questa responsabilità posta nelle nostre mani – noi ne siamo responsabili! – richiede uno stile di vita coerente con la missione che abbiamo ricevuto. È sempre l’Apostolo che lo ricorda: «Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga criticato il nostro ministero» (2 Cor 6,3). Essere collaboratori della misericordia, quindi, presuppone di vivere l’amore misericordioso che noi per primi abbiamo sperimentato. Non potrebbe essere altrimenti.

    In tale contesto, mi tornano alla mente le parole che Paolo, alla fine della sua vita, ormai vecchio, scriveva a Timoteo, il suo fedele collaboratore che lascerà come suo successore nella comunità di Efeso. L’Apostolo ringrazia il Signore Gesù per averlo chiamato al ministero (cfr 1 Tm 1,12); confessa di essere stato un «bestemmiatore, un persecutore e un violento»; eppure – dice – «mi è stata usata misericordia» (1,13). Io vi confesso che tante volte, tante volte mi fermo su questo versetto: “Sono stato trattato con misericordia”. E a me questo fa bene, mi dà coraggio. Per così dire, sento come l’abbraccio del Padre, le carezze del Padre. Ripetere questo, a me personalmente, dà tanta forza, perché è la verità: anch’io posso dire “sono stato trattato con misericordia”. La grazia del Signore è stata sovrabbondante in lui; ha agito in modo tale da fargli comprendere quanto fosse peccatore e, a partire da qui, fargli scoprire il nucleo del Vangelo. Perciò scrive: «Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità» (1,15-16). L’Apostolo, al termine della vita, non rinuncia a riconoscere chi era, non nasconde il suo passato. Avrebbe potuto fare l’elenco di tanti successi, nominare tante comunità che aveva fondato…; invece, preferisce sottolineare l’esperienza che più lo ha colpito e segnato nella vita. A Timoteo indica la strada da percorrere: riconoscere la misericordia di Dio anzitutto nella propria esistenza personale. Non si tratta certo di adagiarsi sul fatto di essere peccatori, quasi a volersi ogni volta giustificare, annullando così la forza della conversione. Ma bisogna sempre ripartire da questo punto fermo: Dio mi ha trattato con misericordia. È questa la chiave per diventare collaboratori di Dio. Si sperimenta la misericordia e si è trasformati in ministri della misericordia. Insomma, i ministri non si mettono sopra gli altri quasi fossero dei giudici nei confronti dei fratelli peccatori. Un vero missionario della misericordia si rispecchia nell’esperienza dell’Apostolo: Dio ha scelto me; Dio si fida di me; Dio ha riposto la sua fiducia in me chiamandomi, nonostante sia un peccatore, a essere suo collaboratore per rendere reale, efficace e far toccare con mano la sua misericordia.

    Questo è il punto di partenza, diciamo così. Passiamo avanti.

    San Paolo, tuttavia, aggiunge alle parole del profeta Isaia qualcosa di estremamente importante. Quanti sono collaboratori di Dio e amministratori della misericordia devono prestare attenzione a non vanificare la grazia di Dio. Scrive: «Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio» (2 Cor 6,1). È questo il primo ammonimento che ci viene dato: riconoscere l’agire della grazia e il suo primato nella vita nostra e delle persone.

    Sapete che amo molto il neologismo “primerear”. Come il fiore del mandorlo, così si definisce il Signore: “Io sono come il fiore del mandorlo”. Primerear. La primavera, primerear. E amo questo neologismo per esprimere proprio la dinamica del primo atto con il quale Dio ci viene incontro. Il primerear di Dio non può essere mai dimenticato né dato come ovvio, altrimenti non si comprende a pieno il mistero della salvezza realizzato con l’atto della riconciliazione che Dio compie attraverso il mistero pasquale di Gesù Cristo. La riconciliazione non è, come spesso si pensa, una nostra iniziativa privata o il frutto del nostro impegno. Se così fosse, cadremmo in quella forma di neo-pelagianesimo che tende a sopravvalutare l’uomo e i suoi progetti, dimenticando che il Salvatore è Dio e non noi. Dobbiamo ribadire sempre, ma soprattutto riguardo al sacramento della Riconciliazione, che la prima iniziativa è del Signore; è Lui che ci precede nell’amore, ma non in forma universale: caso per caso. In ogni caso Lui precede, con ogni persona. Per questo, la Chiesa «sa fare il primo passo – deve farlo –, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Il Vangelo ci dice che la festa è stata fatta con loro (cfr Lc 14,21). Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 24).

    Quando si accosta a noi un penitente, è importante e consolante riconoscere che abbiamo davanti a noi il primo frutto dell’incontro già avvenuto con l’amore di Dio, che con la sua grazia ha aperto il suo cuore e lo ha reso disponibile alla conversione. Il nostro cuore sacerdotale dovrebbe percepire il miracolo di una persona che ha incontrato Dio e che ha già sperimentato l’efficacia della sua grazia. Non potrebbe esserci vera riconciliazione, se questa non partisse dalla grazia di un incontro con Dio che precede quello con noi confessori. Questo sguardo di fede permette di impostare bene l’esperienza della riconciliazione come evento che trova la sua origine in Dio, il Pastore che appena si accorge della pecorella smarrita va alla sua ricerca fino a quando non l’abbia ritrovata (cfr Lc 15,4-6).

    Il nostro compito – e questo è un secondo passo – consiste nel non rendere vana l’azione della grazia di Dio, ma sostenerla e permettere che giunga a compimento. A volte, purtroppo, può capitare che un sacerdote, con il suo comportamento, invece di avvicinare il penitente lo allontani. Ad esempio, per difendere l’integrità dell’ideale evangelico si trascurano i passi che una persona sta facendo giorno dopo giorno. Non è così che si alimenta la grazia di Dio. Riconoscere il pentimento del peccatore equivale ad accoglierlo a braccia spalancate, per imitare il padre della parabola che accoglie il figlio quando ritorna a casa (cfr Lc 15,20); significa non fargli terminare neppure le parole. A me questo ha sempre colpito: il papà neppure gli ha fatto terminare le parole, lo ha abbracciato. Lui aveva il discorso preparato, ma [il padre] lo ha abbracciato. Significa non fargli terminare neppure le parole che aveva preparato per scusarsi (cfr v. 22), perché il confessore ha già compreso ogni cosa, forte della esperienza di essere lui pure un peccatore. Non c’è bisogno di far provare vergogna a chi ha già riconosciuto il suo peccato e sa di avere sbagliato; non è necessario inquisire – quei confessori che domandano, domandano, dieci, venti, trenta, quaranta minuti… “E come è stato fatto? E come?…” –, non è necessario inquisire là dove la grazia del Padre è già intervenuta; non è permesso violare lo spazio sacro di una persona nel suo relazionarsi con Dio. Un esempio della Curia romana: parliamo tanto male della Curia romana, ma qui dentro ci sono dei santi. Un cardinale, Prefetto di una Congregazione, ha l’abitudine di andare a confessare a Santo Spirito in Sassia due, tre volte alla settimana – ha il suo orario fisso – e lui un giorno, spiegando, disse: Quando io mi accorgo che una persona incomincia a fare fatica nel dire, e io ho compreso di che cosa si tratta, dico: “Ho capito. Vai avanti”. E quella persona “respira”. È un bel consiglio: quando si sa di che si tratta, “ho capito, vai avanti”.

    Qui acquista tutto il suo significato la bella espressione del profeta Isaia: «Al tempo della benevolenza ti ho risposto, nel giorno della salvezza ti ho aiutato» (49,8). Il Signore, infatti, risponde sempre alla voce di chi grida a Lui con cuore sincero. Quanti si sentono abbandonati e soli possono sperimentare che Dio va loro incontro. La parabola del figlio prodigo racconta che «quando ancora era lontano suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro» (Lc 15,20). E gli si gettò al collo. Dio non sta ozioso ad aspettare il peccatore: corre verso di lui, perché la gioia di vederlo tornare è troppo grande, e Dio ha questa passione di gioire, gioire quando vede arrivare il peccatore. Sembra quasi che Dio stesso abbia un “cuore inquieto” fino a quando non ha ritrovato il figlio che era andato perduto. Quando accogliamo il penitente, abbiamo bisogno di guardarlo negli occhi e ascoltarlo per permettergli di percepire l’amore di Dio che perdona nonostante tutto, lo riveste dell’abito da festa e dell’anello segno di appartenenza alla sua famiglia (cfr v. 22).

    Il testo del profeta Isaia ci aiuta a fare un altro passo nel mistero della riconciliazione, là dove dice: «Colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti dell’acqua» (49,10). La misericordia, che esige l’ascolto, permette poi di guidare i passi del peccatore riconciliato. Dio libera dalla paura, dall’angoscia, dalla vergogna, dalla violenza. Il perdono è realmente una forma di liberazione per restituire la gioia e il senso della vita. Al grido del povero che invoca aiuto, corrisponde il grido del Signore che promette ai prigionieri la liberazione e a quelli che sono nelle tenebre dice: «Venite fuori» (49,9). Un invito a uscire dalla condizione di peccato per riprendere la veste di figli di Dio. Insomma, la misericordia liberando restituisce la dignità. Il penitente non indugia nel compatirsi per il peccato compiuto; e il sacerdote non lo colpevolizza per il male di cui è pentito; piuttosto, lo incoraggia a guardare al futuro con occhi nuovi, conducendolo “alle sorgenti dell’acqua” (cfr 49,10). Ciò significa che il perdono e la misericordia permettono di guardare di nuovo alla vita con fiducia e impegno. È come dire che la misericordia apre alla speranza, crea speranza e si nutre di speranza. La speranza è anche realistica, è concreta. Il confessore è misericordioso anche quando dice: “Vai avanti, vai, vai”. Gli dà la speranza. “E se succede qualcosa?” – Torni, non c’è problema. Il Signore ti aspetta sempre. Non avere vergogna di tornare, perché il cammino è pieno di pietre e di bucce di banana che ti fanno fare la scivolata.

    Sant’Ignazio di Loyola – permettetemi un po’ di pubblicità di famiglia – ha un insegnamento significativo in proposito, perché parla della capacità di far sentire la consolazione di Dio. Non c’è solo il perdono, la pace, ma anche la consolazione. Scrive così: «La consolazione interna […] scaccia ogni turbamento e attrae interamente all’amore del Signore. Questa consolazione illumina alcuni, ad altri scopre molti segreti. Infine, con essa tutte le pene sono piacere, tutte le fatiche riposo. A chi cammina con questo fervore, con questo ardore e questa consolazione interiore non c’è carico tanto grande che non appaia leggero, né penitenza né altra pena così grande che non sia dolcissima. Questa consolazione ci rivela il cammino che dobbiamo seguire e quello che dobbiamo fuggire – ripeto: questa consolazione ci rivela il cammino che dobbiamo seguire e quello da cui dobbiamo fuggire. Bisogna imparare a vivere in consolazione –. Essa – continua Ignazio – non è sempre in nostro potere; viene in alcuni momenti determinati secondo il disegno di Dio. E tutto questo per nostra utilità» (Lettera a sr. Teresa Rejadell, 18 giugno 1536: Epistolario 99-107). È bene pensare che proprio il sacramento della Riconciliazione possa diventare un momento favorevole per far percepire e crescere la consolazione interiore, che anima il cammino del cristiano. E mi viene da dire questo: noi, con la “spiritualità delle lamentele”, corriamo il rischio di perdere il senso della consolazione. Anche di perdere quell’ossigeno che è vivere in consolazione. A volte è forte, ma sempre c’è una consolazione minima che è data a tutti: la pace. La pace è il primo grado di consolazione. Non bisogna perderlo. Perché è proprio l’ossigeno puro, senza smog, del nostro rapporto con Dio. La consolazione. Dalla più alta alla più bassa, che è la pace.

    Ritorno alle parole di Isaia. Vi troviamo poi i sentimenti di Gerusalemme che si sente abbandonata e dimenticata da Dio: «Sion ha detto: “Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato”. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (49,13-15). Per un verso, appare strano questo rimprovero rivolto al Signore di aver abbandonato Gerusalemme e il suo popolo. Con molta più frequenza, si legge nei profeti che è il popolo ad abbandonare il Signore. Geremia è molto chiaro in proposito quando dice: «Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua» (2,13). Il peccato è abbandonare Dio, voltargli le spalle per guardare solo a sé stessi. Una drammatica fiducia in sé, che fa crepe da tutte le parti e non è in grado di portare stabilità e consistenza alla vita. Sappiamo che questa è l’esperienza quotidiana che viviamo in prima persona. Eppure, ci sono momenti in cui realmente si sente il silenzio e l’abbandono di Dio. Non solo nelle grandi ore oscure dell’umanità di ogni epoca, che fanno sorgere in molti l’interrogativo sull’abbandono di Dio. Penso adesso alla Siria di oggi, per esempio. Avviene che anche nelle vicende personali, persino in quelle dei santi, si possa fare l’esperienza dell’abbandono.

    Che triste esperienza quella dell’abbandono! Essa ha diversi gradi, fino al distacco definitivo per il sopraggiungere della morte. Sentirsi abbandonati porta alla delusione, alla tristezza, a volte alla disperazione, e alle diverse forme di depressione di cui oggi tanti soffrono. Eppure, ogni forma di abbandono, per paradossale che possa sembrare, è inserita all’interno dell’esperienza dell’amore. Quando si ama e si sperimenta l’abbandono, allora la prova diventa drammatica e la sofferenza possiede tratti di violenza disumana. Se non è inserito nell’amore, l’abbandono diventa privo di senso e tragico, perché non trova speranza. È necessario, quindi, che quelle espressioni del profeta sull’abbandono di Gerusalemme da parte di Dio siano collocate nella luce del Golgota. Il grido di Gesù sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34), dà voce all’abisso dell’abbandono. Il Padre però non gli risponde. Le parole del Crocifisso sembrano risuonare nel vuoto, perché questo silenzio del Padre per il Figlio è il prezzo da pagare perché nessuno più si senta abbandonato da Dio. Il Dio che ha amato il mondo al punto di dare il suo Figlio (cfr Gv 3,16), al punto di abbandonarlo sulla croce, non potrà mai abbandonare nessuno: il suo amore sarà sempre lì, vicino, più grande e più fedele di ogni abbandono.

    Isaia, dopo aver ribadito che Dio non si dimenticherà del suo popolo, conclude affermando: «Ecco, sulle palme delle mie mani ti ho disegnato» (49,16). Incredibile: Dio ha “tatuato” sulla sua mano il mio nome. È come un sigillo che mi dà certezza, con il quale promette che non si allontanerà mai da me. Sono sempre dinanzi a Lui; ogni volta che Dio guarda la sua mano, si ricorda di me, perché vi ha inciso il mio nome! E non dimentichiamo che mentre il profeta scrive, Gerusalemme è realmente distrutta; il tempio non esiste più; il popolo è schiavo in esilio. Eppure il Signore dice: «Le tue mura sono sempre davanti a me» (ibid.). Sul palmo della mano di Dio le mura di Gerusalemme sono solide come fortezza inespugnabile. L’immagine vale anche per noi: mentre la vita si distrugge sotto l’illusione del peccato, Dio mantiene viva la sua salvezza e viene incontro con il suo aiuto. Sulla sua mano paterna ritrovo la mia vita rinnovata e proiettata verso il futuro, ricolma dell’amore che solo Lui può realizzare. Ritorna alla mente anche il libro dell’amore, il Cantico dei Cantici, dove troviamo un’espressione simile a quella richiamata dal profeta: «Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio» (8,6). Come si sa, la funzione del sigillo era quella di impedire che qualcosa di intimo potesse essere violato; nella cultura antica era assunto come immagine per indicare che l’amore tra due persone era talmente solido e stabile da continuare oltre la morte. Continuità e perennità sono alla base dell’immagine del sigillo che Dio ha posto su di sé per impedire che qualcuno possa pensare di essere da Lui abbandonato: «Io non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). Sigillo. Tatuaggio.

    E finisco. È questa certezza tipica dell’amore che siamo chiamati a sostenere in quanti si avvicinano al confessionale, per dare loro la forza di credere e sperare. La capacità di saper ricominciare da capo, nonostante tutto, perché Dio prende ogni volta per mano e spinge a guardare avanti. La misericordia prende per mano, e infonde la certezza che l’amore con cui Dio ama sconfigge ogni forma di solitudine e di abbandono. Di questa esperienza, che inserisce in una comunità che accoglie tutti e sempre senza alcuna distinzione, che sostiene chiunque è nel bisogno e nelle difficoltà, che vive la comunione come fonte di vita, i Missionari della misericordia sono chiamati a essere interpreti e testimoni.

    Nelle scorse settimane, mi ha particolarmente colpito una Colletta del tempo quaresimale (Mercoledì della IV settimana), che in qualche modo sembra fare sintesi di queste riflessioni. La condivido con voi, perché possiamo farla diventare nostra preghiera e stile di vita:

    «O Padre, che dai la ricompensa ai giusti
    e non rifiuti il perdono ai peccatori pentiti,
    ascolta la nostra supplica:
    l’umile confessione delle nostre colpe
    ci ottenga la tua misericordia».

    Amen.

    E vorrei finire con due aneddoti di due grandi confessori, ambedue a Buenos Aires. Uno, un sacramentino, che aveva avuto lavori importanti nella sua congregazione, è stato provinciale, ma sempre trovava tempo per andare al confessionale. Io non so quanti, ma la maggioranza del clero di Buenos Aires andava a confessarsi da lui. Anche quando san Giovanni Paolo II era a Buenos Aires e ha chiesto un confessore, dalla Nunziatura hanno chiamato lui. Era un uomo che ti dava il coraggio di andare avanti. Io ne ho fatto esperienza perché mi sono confessato da lui nel tempo in cui ero provinciale, per non farlo con il mio direttore gesuita… Quando cominciava “bene, bene, sta bene”, e ti incoraggiava: “Va’, va’!”. Com’era buono. E’ morto a 94 anni e ha confessato fino a un anno prima, e quando non c’era in confessionale si suonava e lui scendeva. E un giorno, io ero vicario generale e sono uscito dalla mia stanza, dove c’era il fax – lo facevo tutte le mattine presto per vedere le notizie urgenti –, era la domenica di Pasqua e c’era un fax: “Ieri, mezzora prima della veglia pasquale, è venuto a mancare il padre Aristi”, così si chiamava… Sono andato a pranzo alla casa di riposo dei sacerdoti a fare la Pasqua con loro e al rientro sono andato alla chiesa che era al centro della città, dove c’era la veglia funebre. C’era la bara e due vecchiette che pregavano il rosario. Mi sono avvicinato, e non c’era nessun fiore, niente. Pensavo: ma questo è il confessore di tutti noi! Questo mi ha colpito. Ho sentito quanto brutta è la morte. Sono uscito e sono andato a 200 metri, dove c’era un posto di fiori, quelli che ci sono nelle strade, ho comprato alcuni fiori e sono tornato. E, mentre mettevo i fiori lì presso la bara, ho visto che nelle mani aveva il rosario… Il settimo comandamento dice: “Non rubare”. Il rosario è rimasto là, ma mentre facevo finta di sistemare i fiori ho fatto così e ho preso la croce. E le vecchiette guardavano, quelle vecchiette. Quella croce la porto qui con me da quel momento e chiedo a lui la grazia di essere misericordioso, la porto con me sempre. Questo sarà stato nell’anno ’96, più o meno. Gli chiedo questa grazia. Le testimonianza di questi uomini sono grandi.

    Poi l’altro caso. Questo è vivo, 92 anni. E’ un cappuccino che ha la coda dei penitenti, di tutti i colori, poveri, ricchi, laici, preti, qualche vescovo, suore… tutti, non finisce mai. E’ un gran perdonatore, ma non un “manica larga”, un gran perdonatore, un gran misericordioso. E io sapevo questo, lo conoscevo, due volte sono andato al santuario di Pompei dove lui confessava a Buenos Aires, e l’ho salutato. Adesso ha 92 anni. In quel tempo ne avrà avuti, quando è venuto da me, 85. E mi ha detto: “Voglio parlare con te perché ho un problema. Ho un grande scrupolo: a volte mi viene da perdonare troppo”. E mi spiegava: “Io non posso perdonare una persona che viene a chiedere il perdono e dice che vorrebbe cambiare, che farà di tutto, ma non sa se ce la farà… Eppure io perdono! E a volte mi viene un’angoscia, uno scrupolo…”. E gli ho detto: “Cosa fai quando ti viene questo scrupolo?”. E lui mi ha risposto così: “Vado in cappella, nella cappella interna del convento, davanti al tabernacolo, e sinceramente chiedo scusa al Signore: “Signore, perdonami, oggi ho perdonato troppo. Perdonami… Ma bada bene che sei stato tu a darmi il cattivo esempio!”. Così pregava quell’uomo.

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  25. Fratelli Giallorossi,
    perdonatemi se copio e incollo qui lo stesso commento che feci nel momento in cui ci furono i sorteggi. Lo faccio per condividere con voi la gioia che ho nel ripensare a quelle parole.

    “Anche partendo con una inferiorità difficilmente colmabile, io sono contento di andare a giocarmi questa sfida ai quarti dopo essere passati da primi in un girone proibitivo. È bene ricordarlo! Loro sono felici di aver trovato noi? Benissimo: sono gli unici che hanno qualcosa da perdere. Questo atteggiamento mi ricorda quello del re persiano Serse all’inizio della battaglia delle Termopili. Il suo esercito superava quello greco di almeno quaranta volte. Le prospettive di vittoria per questi ultimi erano nulle. Per descrivere la grandezza dell’esercito persiano un messaggero mandato da Serse disse ai greci:”La moltitudine delle nostre frecce oscurerà il sole.”. Dienece, un soldato spartano luogotenente del generale Leonida, rispose:”Meglio così: combatteremo all’ombra.”.
    Ecco: parafrasando questo anneddoto, per me ha poca importanza passare questo turno oppure no. Mi piacerebbe solo che i giocatori della Roma entrassero in campo con lo stesso atteggiamento, pronti a giocare ‘all’ombra’.”

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  26. CHE SQUADRA CAZZOOOO!!!

    LA PIU BELLA ROMA CHE IO ABBIA MAI VISTO!!!

    Sarò provinciale ma questa vittoria per me vale un trofeo, uno scudetto!!!

    Da inizio anno dico che questa squadra ha dei limiti, si, ma era sufficientemente forte per puntare allo scudetto e in Champions lo ha dimostrato dall’inizio.

    DI FRANCESCO ieri è stato perfetto!! Ha ripreso il canovaccio tattico del 3-5-2 di spalletti e lo ha rimesso in campo con tante migliorie.

    DDR ieri fa la sua migliore partita in carriera senza dubbio.

    DZEKO ieri, per me, ha dato la conferma di essere il migliore 9 della nostra storia e tra i primi 3 attaccanti al mondo.

    SIAMO NELLA STORIA e un GRAZIE va alla squadra, all’allenatore, ai dirigenti e al presidente che ieri in mix zone dice una cosa giusta: vittoria anche contro quelli che lanciano MERDA dalla mattina alla sera sulla ROMA.

    AGGIUNGO IO: in molti stanno salendo sul carrozzone e anche qui sta succedendo questo, ma va bene in fondo, oggi è la festa di ogni romanista, di ogni persone che ha la Roma dentro il cuore.

    SIAMO IN SEMIFINALE!!! NON TEMO NESSUNO!!!

    Abbiamo scalato montagne come atletico, Chelsea, shaktar, Barcelona… Abbiamo sofferto, ma ora ABBIAMO TUTTI la consapevolezza che SI PUO FARE!!!

    GRAZIE!!!

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  27. Ieri sera ho visto la partita perfetta disputata dalla squadra perfetta.
    Grinta, agonismo, cazzimma, corsa, tecnica.
    Onore a tutti per una serata magica.
    Questo è il calcio che bisognerebbe giocare sempre, contro grandi e piccole.
    Mi tornavano in mente le immagini della rimonta di Roma – Dundee 3-0 del 1984, era sempre aprile ma di pomeriggio e c’era un bel sole caldo.
    Era la Roma di Pruzzo e Falcao e si volò in finale… hai visto mai che anche stavolta…

    Resta solo una domanda senza risposta… ma come si fa a passare da un misero Roma Fiorentina ad un magico Roma Barcellona nel giro di tre soli giorni?

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    • Caro Alex, ma anche da Napoli alla fiorentina… Dal Chelsea ad un Bologna…

      Questa squadra ieri ti ha dimostrato che POTEVA puntare allo scudetto se ci credeva.

      La Roma è come uno studente di talento che durante l’anno sonnecchia e poi gli ultimi mesi di scuola si sveglia a suon di 8-9.

      È questa la Roma.

      LA ROMA di quest’anno è come il real che è quarto in classifica e sapendo che nn può vincere lo scudo da tutto in Champions dove trita qualsiasi avversario. Così la Roma.

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  28. Grande Roma. Mancano 10partite c’ho sempre creduto. Oggi fino al derby staccherò… Nessuna lode nessuna critica nessun argomento calcistico. Famiglia lavoro amici. Forza Magica Roma

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  29. É da parecchio che non scrivo ma un commento oggi non poteva mancare😀😀😀😀
    Spettacoloooooo. Che partita.
    Finalmente una gioia.
    Dajeeeee
    Forza Roma.
    Un saluto a tutti gli utenti
    Ahhh la password di oblomov l ho dimenticata

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    • Ciao Oblo.
      Il tifoso romanista gode per questi rari momenti da raccontare ai nipotini.
      Chissà qual era il tuo pronostico per la partita!
      Per la password prova con “laziome.da” funziona sempre.

      Rispondi
  30. Cioè sto rivedendo la partita. A parte 3421 che è uno schema perfetto per i giocatori che abbiamo, e che ci permette di diventare 442 433 a seconda del bisogno, ma la cosa impressionante è che avevamo il sangue agli occhi, dall’inizio alla fine, cioè gli davamo certe mazzate sulle caviglie che ricordavano le grandi partite di una volta tipo Italia-Brasile e Italia argentina . Se avessimo giocato sempre con questa grinta e cazzi mme saremmo veramente a giocarci lo scudetto. Fazio era uno dei più incazzati. Dobbiamo avere sempre questo atteggiamento, poi si può perdere ma per sconfiggerti devono essere davvero più forti.

    Loro imbarazzanti, soprattutto i due difensori neretti e i due bomber svogliati.

    Rispondi
  31. Vabbeh Pallotta che si butta nella fontana é proprio il massimo, direi che abbiamo raggiunto l’apice 😀

    PS: il coglione che urla ammerda se ne vada pure affanculo, gesu cristo, ce sempre l’ibecile di turno.

    Rispondi
  32. Nihil difficile volenti !!!!

    GRANDI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

    Quando si gioca con grinta,convinzione,Concentrazione e Voglia Di Vincere,i Risultati

    Arrivano !!!

    Io non ci credevo. Contentissimo di essere stato smentito !!!

    Grandi,Ragazzi !!! Avete fatto un’impresa memorabile, Ad Perpetuam Rei Memoriam !!!

    Come avevo scritto alla fine del primo tempo ” poi Dio provvede “.

    Dio ha provveduto ( insieme a San Giuda Taddeo ) !!!!

    Ora non fermimoci !!! Sotto con le quaglie ( stessi colori della maglia che aveva oggi il barca … ) !!!

    Rispondi
  33. Stremato
    Il fiato andato a buttane
    Il cuore sottoposto a fatiche immani
    Ma che immensa goduria
    La più bella della mia vita da tifoso giallorosso
    Mi sento fra le nuvole come se si fosse innamorati
    Grazie Roma, grazie immensamente
    Vi voglio un gran bene a tutti
    Sempre forza Roma
    Viva il pacchio
    #IostoconDiFrancesco
    Dajeeeeee Romaaaaa

    Rispondi
  34. youtube.com/watch?v=2h8ZOIyKpSk

    gabboman…quasi gli viene un infarto xd

    epici i commenti nel video…di decine di tifosi di Juve,Inter,napoli milan e anche lazio che celebrano la Roma!
    fa piacere che esista gente sportiva.

    Rispondi
  35. Sono per serate come queste che nonostante tutte le sofferenze é bello essere nati romanisti, perché la vittoria non arriva mai, ma quando arriva….

    Complimenti a tutti, dal magazziniere al presidente passando per giocatori, dirigenti e giardinierie ovviamente i tifosi che sono i primi a crederci sempre .Stasera, semplicemente spettacolari tutti, pazzesco.

    Mai ho visto TUTTI cosi nel nome della Roma, é stato bellissimo.

    PS: Voglio un poster gigante con Manolas con la scritta “ovunque proteggimi”.

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  36. PierrotGialloRosso 10 aprile 2018 il 21:42
    Senza parole…suicidio Barcelona….miracolo!
    Qualche santo oggi e’ diventato giallorosso!!!

    Per carità di patria e per cuore giallorosso, esultante in modo anche pericoloso per i 77 anni con problemi cardiovascolari, dimentico il tuo commento delle 19:51.
    Volendo mantenere una dose di serena obiettività, devo comunque smentire certe pagelle, a dir poco, generose.
    Non ho gradito le prestazioni di Florenzi, Fazio, Strootman e Nainggolan: buoni, o molto buoni, tutti gli altri.
    Tornando a Pierrot, il santo lo avevo invocato alle 19:03. Si chiama frà Daniele Natale di San Giovanni Rotondo, che ho pregato di fare un salto all’Olimpico. La preghiera è stata esaudita.

    Rispondi
  37. Da stasera ci siamo guadagnati un rispetto in Europa che ci manca da anni.
    Nessuno festeggerà più se ai sorteggi troverà noi. Altro che ‘dolcetti’.

    Rispondi
  38. Semplicemente tutto immensamente stupendo
    Un piccolo miracolo fatto di tanto sacrificio e voglia di lottare
    Vi voglio bene a tutti
    Stasera va cosi’..è la nostra serata

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    • Siamo stati perfetti..
      Anche il minuto della venuta del terzo gol é stato importante così da organizzare bene la rintuzzata avversaria

      Rispondi
    • Appunto. Al giornalista spagnolo che gli ricordava i goal del Barcellona e la sua forza, ha risposto:”E cosa dovrei fare? Non ci dovrei credere?”

      Rispondi
  39. Certo che il Karma e’ un cabron!!
    Tutti i miei compagni di lavoro che mi prendevano per il culo una settimana fa…per i 2 autogoal!!

    E propio De rossi e Manolas…si sono fatti perdonare alla grande 🙂
    segnando nella porta giusta xd xd xd

    Domani tutti i barçelonisti con cui lavoro….avranno la coda tra le gambe xd

    Rispondi
      • io stanotte non dormo….non smetto di immaginarmi le loro facce domani….minchia quanto mi presero per il culo,dopo il 4-1…..VENDETTTAAAA!!!
        e che alle 6 del mattino quando vado a lavorare ..i negozi sono ancora chiusi…senno andavo a comprargli 3 pacchetti di Bombon..da regalare a dozzene al mio Lavoro.

  40. a tutti gli “ottimisti”…. leccatemi il sottopalla muahahahaha !!! A tutti i “Fratelli” de core, Abbracci Giallorozzi e SempreForzaMagicaRoma.
    Li abbiamo ASFALTATI !!!!!

    Rispondi
  41. Mamma mia che goduria!!!
    Amici lupacchiotti di ForzaRoma vi voglio bene!
    È bellissimo condividere questo momento fantastico con tutti voi!

    Rispondi
    • dai che mi sono sfogato anch’io, alla fine é questo che fa bene al tifo e non le promesse, ma i fatti.
      Quindi questa vittoria é anche per quelli che non ci credevano più

      Rispondi
      • Ma io sono molto insolente con la società perché mi stanno sul cazzo e nn mi piace Come lavorano. Su stasera ti dirò io un 10% di possibilità glielo davo ancora perché all’andata loro avevavo fatto male e noi gli abbiamo regalato la partita.

        Comunque, dopo tante delusioni finalmente una di quelle serate bellissime, memorabili.

        Ora però abbiamo alte partite da giocare e a questo punto è giusto provare ad arrivare in fondo.

  42. nella vita bisogna lottare non piangere, crederci sempre, anche se c’hai davanti difficoltà: provarci e sognare non costa nulla!

    A Barcello’ ma vattela a pija nder culo tu Guardiola e tutte ste troiette che ti stanno intorno

    Rispondi
  43. Dire tutto quello che volete, prima volta in semifinale di Champions della Roma

    Possiamo anche uscire, ma oggi i ragazzi, e va detto, anche il presidente e allenatore, hanno scritto la storia di questa squadra.

    Rispondi
  44. Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh una goduta lunga 37 anni!!!!! È dall’81 che aspetto questo momento!!!!!!!!!! Grandissima Roma finalmente la partita che dovevi fare e che hai fatto e che avresti potuto fare anche all’andata, per questo mi sono incazzato questi del barca erano tronfi nnmcorrevano. Stasera nn abbiamo regalato e abbiamo martellato!!!!!!!!! Così si fa cazzo!!!!!

    Al 3-0 ho fatto uno zompo ho toccato con la testa il soffitto!! Mia figlia di nove mesi mi guardava esterrefatta!!!!!!!!!

    Godoooooooooooooo!!!! Forza Roma !!!!!!

    352 for ever and ever !

    Rispondi
  45. 👍👍👍😀😀♥️♥️♥️👏👏👏👏
    Agonisticamente la più bella – ed impensabile – partita della Roma degli ultimi 15 anni !!!!

    Rispondi
  46. Senza parole…suicidio Barcelona….miracolo!
    Qualche santo oggi e’ diventato giallorosso!!!

    Mai cosi felice di essere sbugiardato su un pronostico!!!

    Di francesco continua a farmi cagare…Pero oggi Onore a lui!

    Rispondi
  47. queste sono le serate che contano moooolto più di un derby contro i burini
    moooolto di più di tutte le cazzate che scriviamo ogni giorno
    e il pelato e Monchi e ….
    ora uniamoci e sosteniamo sta squadra
    ROMA sogna finalmente

    Rispondi
    • Grande Peter! Volevo sostenere i tuoi commenti già prima della partita e a fine primo tempo! Ma mi sentivo che questa sera poteva succedere il miracolo e ho aspettato! Che notte ragazzi! E comunque la dedico con infinita gioia a tutti, anche a chi ha criticato.. perché ci può stare tutto.. ma da questa sera dobbiamo stare tutti aggrappati alla squadra, qualsiasi siano i prossimi risultati! Forza grande Roma! Ti amo!

      Rispondi
  48. Un appello ai delusi.
    Da oggi un po’ di fiducia – non dico tanta- ma un po’ di fiducia, a Eusebio, gliela vogliamo dare? O ancora no?

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  49. Per quanto riguarda il modulo di gioco, ha avuto ragione la gazzetta dello sport.
    Dopo il gol di Dzeko speravo che arrivasse pure il 2 a 0.
    Dobbiamo,se possibile,segnare subito il secondo gol e poi……..Dio provvede.
    Anche stasera un arbitro indegno : possibile che non ci sia in giro un arbitro all’altezza della situazione , che non abbia paura di ammonire i giocatori del barca ?

    Rispondi
  50. Finalmente difra capisce che il 352 è il miglior modulo per la Roma, meglio tardi che mai. Con due punte è più difficile per loro fare gioco da dietro e in mezzzo siamo densi.

    Schlick ha ciccato il 2-0 peccato, nn so che succederà nel secondo tempo ma finora stiamo andando benissimo.

    Voglio un Radja più dentro le linee e più decisivo. Voglio uno Schlick più cattivo e reattivo. Giochiamocela.

    Anche stasera arbitro pessimo.

    Rispondi
  51. Difesa a 3 contro il Barçelona????
    Questo scemo si mette a fare esperimenti contro i marziani.
    Glielo hanno detto che nella nostra storia recente abbiamo fatto gia’ abbastanza figure di merda in europa???

    Prepariamoci a una partita di calcio tennis.

    Spero in estate faccia le valige..almeno lui…visto che quell’ altro esaltato cazzaro di monchi e’ impossibile che vada via.
    Pero un altro anno con entrambi …perfavore NO!

    Rispondi
    • che dire? a parte tutte le stronzate lette e che continueremo a leggere
      DiFra ha fatto quello che non gli é riuscito all’andata.
      Valverde secondo voi é un allenatore?
      A volte i nostri fanno sembrare mediocri Umtiti Modric Iniesta…
      Arbitro comunque con una faccia come il suo arbitraggio.

      Una Roma cosi in Europa?
      Bisogna ritornare indietro negli anni.
      Pure che usciamo questa é una Roma da applausi cvhe sta onorando la maglia

      Rispondi
    • Il mio commento deve averli feriti nell’ orgoglio…che mi hanno zittito cosi’!

      3-0 e in semifinale…..INCREDIBILE..NON SVEGLIATEMI

      Rispondi
  52. Formazione ufficiale: Alisson; Manolas, Fazio, Juan Jesus; Florenzi, Strootman, De Rossi, Kolarov; Nainggolan; Schick, Dzeko.
    Schema, speriamo, non troppo improvvisato, uomini condivisibili.
    Ti prego, frà Daniele: un salto all’Olimpico, per un nuovo 3-0.
    Forza Roma. Dajeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.

    Rispondi
  53. schema 3 4 1 2
    mi piace mi piace DiFra che cambia, teniamocelo, questo appena finisce il rodaggio diventerà un nuovo Allegri.

    FORZA ROMAAAAAAAAAAAAA
    Barca merdaaaaaaaaaaaaaa

    Rispondi
  54. Dopo 7 ore e mezzo di viaggio col pulmino insieme agli amici del Roma club Como finalmente ci siamo……. e ci crediamo! Sempre Forza Roma!!

    Rispondi
  55. LORY sei un mito! Inarrivabile ! 😄
    Riesci a dire tutto e il suo contrario.
    Quindi concludi che è tutta colpa di Di Francesco!
    Sei tornato ai tuoi primi giudizi stagionali quando Eusebio ai tuoi occhi era un tecnico inadatto alla Roma.
    Passando però (ti ricordo) per un periodo autunnale di tuo apprezzamento del tecnico.
    Seguito poi da un periodo invernale particolarmente critico dove volevi venderli tutti.
    Appropinquandoci ora verso un periodo primaverile dove il problema sono diventati gli schemi, ma non l’allenatore.
    Anzi no! Forse è anche l’allenatore il problema dal momento che non sa lavorare coi giovani perché Under è esploso dopo ben 6 mesi.
    Insomma un triplo salto mortale carpiato con doppio avvitamento 😂

    Rispondi
    • “Non sono stato io,e se sono stato io…era solo un sogno…e sicuramente io sognavo in qualcos’ altro” Burt Simpson

      Alias Lorysan

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  56. Vero che si è vinto anche senza Salah, ma è indubbio che l’egiziano oltre ad essere un ottimo finalizzatore era anche il grimaldello più utilizzato per scardinare le difese e creare occasioni da rete.

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    • down, se Salah fosse stato cosi importante non saremmo arrivati a giocarci la champions all’ultimo minuto.
      L’anno scorso non era esploso del tutto, la crescita totale l’ha avuta al Liverpool con Klopp.
      A me piaceva, anche quando si mangiava quei gol semplici, anche quando lo criticavano tutti qua dentro, veniva definito un buon giocatore, uno che non influisce molto sulla squadra.

      Rispondi
      • Forse da te e Lorysan…..una 15cina di goal a stagione e una 15 di assist…possono non essere decisivi solo se hai il prosciutto sugli occhi.
        Le uniche 2 ragioni per cui siamo passati dal record di punti e goal…a un merda di stagione.

        Sono la partenza di spalletti e salah…girate la frittatta come volete…

        pero se il romanista medio avesse un po’ di onesta intellettuale.

        Riconoscerebbe il valore che hanno avuto Spalletti e Salah la scorsa stagione.

  57. PER ALEX.
    Monchi era il miglior DS su piazza quando l’abbiamo preso. Su piazza significa libero da contratto. Non mi sembra che Paratici, Giuntoli o Tare fossero liberi.

    Rispondi
  58. Salah? ma lasciamo stare che ne abbiamo lette su sto sito e sulla rete da far venire il vomito
    Quando era partito per la coppa d’Africa e la Roma vinceva poi… lasciamo stare Salah dove sta per favore.

    Alla fine se avessero venduto Radja al posto di salah avremmo detto le stesse cose.

    Rispondi
  59. SFATIAMO LA LEGGENDA del “prima si segnava perche cera salah”… nn cosa piu falsa.

    Prima si segnava e si creava di piu perche cera un gioco, in quanto ogni giocatore era esaltato nel ruolo e nei movimenti a lui piu congeniale.

    nn è la mancanza di salah che ti fa segnare e creare di meno, ma la mancanza di di schemi offensivi e di un gioco congeniale a questi giocatori.

    SPalletti abbandonò il 4-3-3 perche nn era adatto a questo gruppo per poi virare sul 4-2-3-1 e poi in alternativa il 3-5-2… oggi siamo ritornati ad un modulo che in passato ha fallito con un centrocampo nn adatto a questo modulo.

    RAGAZZI è un fatto di schemi e tattica il riuscire a creare gioco, nn di giocatori che a quanto pare nn credo siano tanto pippe da nn riuscire a fare un passaggio di 5 metri e un cross decente.

    DA INIZIO ANNO abbiamo avuto un peggioramento del collettivo da parte di tutti. Nuovi e non.

    IL RIDURRE tutto ad un giocatore mi sembra da superficiali come al solito del tifoso romanista…

    POI SE DEVO FARE IL PIGNOLO salah nn era uno che creava gioco, ma un finalizzatore che se serviva assist sotto porta, mai con un lancio illuminante ( mi pare sia accaduto 1-2 volte in 2 anni ), ma con passaggi di 4-5 metri.

    I veri creatori di gioco nella roma dello scorso anno erano i centrocampisti, gli esterni di difesa e edin dzeko!!! Salah era una seconda punta e nn lasciava mai solo dzeko, cosa che quest’anno .

    Che quest’anno salah si sia trasformato in un fuoriclasse nn era preventivabile.

    IN DEFINITIVA il problema nn è tanto l’allenatore, ma il suo modo di fare calcio con un gruppo che nn è adatto a farlo e per di piu nn è un mister elastico che puo avallare certe meccaniche, ma è un allenatore che conosce solo il 4-3-3 e alle volta abbozza altri moduli che si vedono nn saperli fare.

    è un buon allenatore che deve crescere. Ma è quello che serve a noi?

    PS: nn doveva essere il mister che lavorava con i giovani? che li faceva crescere e migliorare? ci ha messo 5-6 mesi per capire che under doveva giocare…

    Rispondi
  60. Il punto è che si è sempre daccapo a dodici. Ennesima stagione senza vittorie, ennesimo mercato stratoppato,ennesimi acquisti sbagliati (e costosissimi) dai quali la Roma proverà a liberarsi, ennesima probabilissima rivoluzione della rosa,con inevitabili cessioni eccellenti. Questa proprietà che si era presentata con la famosa parola “progetto”, in queste sette stagioni non è riuscita a costruire non una casa,ma nemmeno un muretto. Ogni anno riparte da zero (o quasi) con una marea di incognite. E con l’unica certezza di veder ogni anno una squadra che dovrà sperare che i nuovi arrivati non facciano rimpiangere coloro che sono stati ceduti. Una filosofia che va benissimo per una provinciale,o una squadra di media bassa fascia. Ma non per un club che per bocca dei suoi dirigenti dovrebbe mirare conquistare importanti trofei e lottare per il primato in serie A

    Rispondi
  61. Senza forse Rebel 18:15. Con Salah al posto di Radja saremmo magari anche oltre il terzo posto, ma ha ragione anche Down 20:26 circa le conseguenze della cessione di un totem.
    Ci sta bene!

    Rispondi
  62. Naingollan…un altro montato sopravvalutato dalla stampa e da buona parte della tifoseria. Forse se la Roma avesse venduto lui anziché Salah oggi avremmo una Roma saldamente al terzo posto. Quest’anno ha fatto quasi sempre pena tranne in poche gare.

    Rispondi

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