Prad?: “Segni di apertura per Mancini”

A tutta Roma. Da sola in vetta, con le altre grandi sotto a guardare una squadra che gioca bene, non prende gol e vince. Il lunedì della Roma, quello che serve a rimanere coi piedi per terra mentre l’Italia fa la corsa al complimento. E il primo richiamo che fa Daniele Pradè è proprio questo: andiamoci piano. «Noi rimaniamo coi piedi a terra- dice il direttore sportivo giallorosso a Radio Anch’io Sport- sappiamo che sarà un campionato difficile, ma sappiamo anche di essere squadra competitiva, un organico forte». Vince e gioca bene, la Roma. «Quando abbiamo cominciato con Spalletti ci dicemmo che la prima cosa era far riaffezionare i tifosi. Con il gioco, con il calcio spettacolare. Ma siamo diversi dall’anno scorso, cerchiamo di stare più attenti anche alla fase difensiva, che Spalletti cura in maniera maniacale». E poi i difensori segnano, pure. Juan all’esordio da titolare, ad esempio. «Juan è un giocatore che ha fatto 55 partite in nazionale, non andava certo scoperto. Sapevamo che era importante. Poteva essere un calciatore da Roma. Dovevamo solo mettere un titolare dietro un altro titolare: questa doveva essere il nostro mercato. Sarà il campo a dire se abbiamo fatto le cose per bene. Per quanto riguarda Juan, ci credevamo, e ci serviva anche se avessimo tenuto Chivu. Avremmo tenuto volentieri anche lui. Non l’avevamo preventivata la sua cessione. È stata una volontà del giocatore». Mancini dice che ormai la Roma è "scoperta". «Mancini è un anno che dice che giochiamo un buon calcio- continua Pradè- Noi ci stiamo attrezzando. Siamo consapevoli che vincere qualche coppa ti dà la sicurezza di essere una squadra competitiva. Le vittorie ti fanno crescere. A Manchester per esempio ci mancava esperienza. Ora l’abbiamo. E prima non avevamo una rosa sufficiente. Ma abbiamo sempre giocato per vincere». Tra nazionali e Champions, le grandi sono costrette al turnover. E il Milan è il primo a farne le spese. «Quando le cose funzionano meglio lasciarle come stanno. Ci sono le nazionali e le coppe è vero, noi siamo in tre competizioni e abbiamo 14 giocatori che giocano in nazionale. Il turnover è obbligatorio. Ma Mancini e Taddei non sono stati ancora considerati in chiave nazionale… Ma anche noi ci siamo allenati con 8 giocatori. Siamo fortunati che stiano con noi in questo periodo. Totti ha fatto una scelta. Lavorare con loro in settimana fa la differenza». La Nazionale sta diventando un problema per gli infortuni. Guardare Vieira. «Anche noi avevamo Juan che veniva da un infortunio convocato con la nazionale. La nazionale è importantissima, dire a un calciatore di non rispondere alla convocazione è impossibile. Bisogna capire il suo stato di salute però. Juan è stato molto intelligente. Lui ha risentito di un dolorino e la partita dopo non l’ha giocata. Ma è il calciatore che si deve gestire. Poi bisogna mettersi anche nei panni dei ct. Non c’è una soluzione diversa da questa». Come fa la Roma, con il suo tetto d’ingaggi a trattenere i suoi campioni? «Le società che possono offrire più di 2 milioni e mezzo sono poche. La dimostrazione che ci ha dato Mexes è importante, ha dimostrato crescita, ha rinunciato a parecchi soldi per stare con noi. È stata una scelta di vita e poi a Roma si vive molto bene. Con Mancini pensiamo che la trattativa sia sempre ben avviata. Il procuratore è sereno, mi ha dato segni di apertura». E domenica c’è Roma-Juve… «Già da un paio di anni la rivalità si è attenuata. È rimasta quella sportiva. Da dirigente e da tifoso non posso che dire che le partite che il romanista sente di più sono quelle con la Lazio e la Juve. Ma poi la gente non sa che spesso quando finisce una gara tante volte è una festa». Ma prima ancora c’è la Champions. «Anche l’anno scorso facemmo benissimo. Poi una gara rovinò tutto. Con il Manchester sarà una rivincita sportiva. E questo sorteggio ci darà modo di dimenticare i brutti episodi, sia a Roma che a Manchester».

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